Il dottore Filippo Sciara ha inviato al sindaco la richiesta di cambio di denominazione della piazza principale di Favara che vi proponiamo integralmente.
Nello stesso tempo ci scusiamo con lo storico per non averlo ricordato in un precedente articolo come primo sostenitore dell’idea di dare un diverso nome al luogo.
Filippo Sciara
“Il sottoscritto Dr Filippo Sciara, impegnato da molti anni nella ricerca storica del territorio di Favara, propone, con la presente, di togliere l’attuale titolazione toponomastica di piazza Cavour e di sostituirla con piazza imperatore Federico II di Svevia, costruttore del nostro palazzo medievale, fondatore di Favara e ideatore del primitivo impianto urbanistico medievale favarese e della sua grandiosa piazza centrale, che ripete le dimensioni e la forma della piazza dell’impianto urbanistico medievale di Gela, di sicura matrice federiciana. A supporto di queste nostre affermazioni storiche si vedano le argomentazioni da noi riportate in una recente pubblicazione, negli atti del convegno internazionale di studi dal titolo «Nelle terre dei Normanni. La Sicilia tra Ruggero I e Federico II», svoltosi a Caltanissetta il 24 maggio 2014, con pubblicazione nel dicembre 2015, curata dalla casa editrice Salvatore Sciascia di Caltanissetta. Il convegno ha visto la partecipazione di molti specialisti del settore, italiani e stranieri, al quale abbiamo preso parte con una relazione dal titolo «L’insediamento arabo-normanno e svevo nel territorio di Favara presso Agrigento»,in cui abbiamo fornito ulteriori prove scientifiche alla nostra tesi sulle origini sveve del palazzo di Favara e del suo impianto urbanistico medievale, già dibattuta nella nostra pubblicazione «Favara guida storica e artistica», edita nel 1997. La nostra relazione, sull’insediamento arabo-normanno e svevo nel territorio di Favara, ha ricevuto larghi consensi tra i relatori partecipanti al convegno e il curatore delle conclusioni, Prof. Ferdinando Maurici, il più grande studioso di castelli della Sicilia medievale, oggi vivente, ha così commentato il nostro intervento: «Nell’agrigentino, in territorio di Favara, rimaniamo con l’intervento di Filippo Sciara, veterinario e storico medievalista, dedicato a L’insediamento arabo-normanno e svevo in territorio di Favara presso Agrigento…Il lungo e dettagliatissimo catalogo dei siti di età islamica e normanna nel territorio favarese è offerto sulla base di una profonda e capillare conoscenza del territorio, dovuta anche alla attività professionale di Sciara, e sulla scorta della documentazione scritta che l’autore manovra con maestria da professionista anche della ricerca storica. Il contributo si segnala per la estrema puntualità e la ricchissima messe di dati offerti (riassunti in una utilissima carta), terminando con una proposta destinata a far discutere e ad incrementare quindi il dibattito scientifico sull’eccezionale manufatto architettonico costituito dal palatium di Favara: la sua identificazione con il casale apud Cunianum già sede di un sollatium federiciano». Si veda Nelle terre dei Normanni. La Sicilia tra Ruggero I e Federico II, a cura di M. Congiu e S. Modeo, Caltanissetta 2015, p.157. Si allega copia della nostra relazione, pubblicata negli atti del convegno sopra menzionato.
Facciamo inoltre presente che noi siamo da molti anni impegnati nella ricerca storica, nell’ambito del periodo Svevo e federiciano in particolare, che ci ha portato a collaborare con l’Istituto dell’Arte medievale dell’Università La Sapienza di Roma e ci ha consentito di partecipare a diversi convegni internazionali, tra i quali ricordo quello svoltosi in Sicilia, nelle sedi di Palermo, Enna e Catania, nel 1994, in occasione dell’ottavo centenario della nascita di Federico II, con il titolo Federico II e la Sicilia, vivit et non vivit, che ha visto la partecipazione dei migliori specialisti del settore in campo italiano ed europeo, in cui noi siamo intervenuti con una relazione dal titolo Le dimore e riserve di caccia di Federico II imperatore in Sicilia, e l’altro, pure internazionale, svoltosi alla reggia di Caserta nel 1995, col il titolo Cultura artistica, città e architettura nell’età federiciana, nel quale abbiamo svolto la relazione dal titolo Le dimore e riserve di caccia di Federico II in Campania, con pubblicazione a Roma nel dicembre 2000. Questa nostra particolare specializzazione di ricerca, sulla caccia praticata dall’imperatore Federico II, ci ha condotto ad uno studio pianificato, con indagine nei territori del Regnum Siciliae, in collaborazione con l’Istituto di Storia dell’Arte medievale dell’Università La Sapienza di Roma, per la ricerca di dimore di caccia imperiali cadute nell’oblio e oggi sconosciute. La profonda conoscenza della documentazione sveva e l’indagine toponomastica condotta nei luoghi interessati, ci ha permesso di effettuare le importantissime scoperte di due dimore di caccia di Federico II, sconosciute agli studiosi. Si tratta del palazzo di Lucubante, presso Apice, nel territorio Beneventano e della torre della Cisterna presso Melfi, in provincia di Potenza. I risultati della scoperta li abbiamo pubblicati con il titolo «Ritrovate le residenze di caccia di Federico II imperatore a Cisterna(Melfi) e presso Apice», nella rivista Arte medievale, periodico internazionale di critica dell’arte medievale dell’Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, II serie, Anno XI, nn. 1-2, 1997, pp.125-131. Il Prof. Antonio Cadei (1944 -2009), il più grande studioso italiano ed europeo di architettura sveva della seconda metà del 900, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte medievale della Università La Sapienza di Roma, vice direttore della Enciclopedia dell’Arte medievale, dell’Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei e della Pontificia Accademia di Archeologia Cristiana, redattore della rivista Arte medievale della Treccani, consigliere al Quirinale con incarico del Presidente del Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro, nel corso della sua relazione dal titolo Le origini dei castelli quadrati federiciani. Aggiunte all’ipotesi crociata, presentata al convegno internazionale Medioevo: i modelli, tenutosi a Parma nel 1997 con pubblicazione nel 2002, in merito alla nostra scoperta del palazzo imperiale presso Apice, così si è espresso: «Si tratta di dati inediti che non riterrei corretto anticipare se non per un caso attualmente in corso di pubblicazione nel numero della rivista Arte medievale di imminente pubblicazione: la domus di Apice, nota documentariamente dal 1241, i cui resti ancora consistenti, anche se gravemente compromessi, rintracciati sulla base di un’indagine pianificata del territorio che si è avvalsa della specifica, preziosa competenza del dottor Filippo Sciara, permettono di stabilire la corrispondenza con la tipologia rappresentata dalle domus di Palazzo San Gervasio , Gravina e Marano di Napoli». Si veda Medioevo: i modelli, a cura di A. C. Quintavalle, Martellago 2002, pp. 497-506. Abbiamo riportato tutto questo per dimostrare che abbiamo i titoli e quindi le carte in regola per fare la proposta di intitolare la nostra bellissima piazza centrale all’imperatore Federico II di Svevia. Ricordo, a favore della nostra causa, che il toponimo Rocca dell’Imperatore risulta ancora presente nel 1748, nel territorio di Favara, nella contrada Pioppitello, vicino al centro urbano.
Coscienti che occorre tutelare la storia toponomastica del territorio e avere cura che le nuove denominazioni rispettino l’identità storica e culturale, antica e moderna, della città, siamo del parere che bisogna offrire il proprio contributo e adoperarsi per meglio tutelare l’identità storica e culturale di un popolo. La toponomastica, che nel corso dei secoli si è stratificata nelle varie contrade urbane e territoriali, rappresenta una importante fonte storica. Sono, infatti, i vari toponimi presenti nel territorio che spesso costituiscono la prova di un insediamento antico o medievale. Lo stesso discorso vale per i numerosi toponimi presenti nel tracciato viario urbano che, se bene analizzati, forniscono importanti prove storiche dell’evoluzione e crescita culturale della nostra città. Nella storia toponomastica di Favara sono stati commessi degli abusi nel tempo, da varie amministrazioni, che non curandosi minimamente del valore storico di un toponimo, lo sostituivano con un altro di recente acquisizione, di nessun valore per la storia cittadina, con gravissimo danno per l’identità culturale del nostro popolo. Tra tutti ricordo il cambiamento della toponomastica urbana, subito dopo l’unità d’Italia che in un momento di grande entusiasmo risorgimentale, che ha avuto rigurgiti fino alla prima metà del Novecento, ha visto l’apparizione massiccia e sicuramente eccessiva e sproporzionata di ben 30 toponimi di contenuto risorgimentale italiano e piemontese che hanno letteralmente violentato il cuore del nostro centro storico, contribuendo non poco a cancellare le nostre radici storiche e culturali: piazze Cavour, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, fratelli Cairoli, Felice Cavallotti, della Libertà, della Vittoria e le vie Vittorio Emanuele II, re Umberto, regina Margherita, re Carlo Alberto, Risorgimento, Rosolino Pilo, Carlo Pisacane, Ciro Menotti, Ruggero Settimo, Goffredo Mameli, Luigi La Porta, Alfonso La Marmora, Isidoro la Lumia, Giuseppe La Farina, Michele Amari, Vincenzo Gioberti, fratelli Bandiera, Nino Bixio, Francesco De Sanctis, Francesco Crispi, Bettino Ricasoli, Calatafimi e infine dei Mille. Senza volere assolutamente dissacrare il mito e l’epopea del nostro glorioso Risorgimento, dove numerose vittime si sono sacrificate per il bene della Patria, rileviamo che tutti questi toponimi sono stati imposti nel nostro centro storico con cancellazione di altri che recavano tracce significative della nostra storia locale. Registriamo, inoltre, in tempi a noi vicini, la presenza di toponimi, di strade cittadine, dedicati a personaggi locali, insignificanti e assolutamente privi di importanza storica, frutto di una politica gretta e provinciale che ha fatto, anche della titolazione di una via cittadina, un momento di clientela e favoritismo per raccattare voti.
Infine ricordiamo che noi per primi, già nel 1997, nelle pagine della nostra Favara guida storica e Artistica, avevamo rilevato che Camillo Benso conte di Cavour, completamente estraneo alla nostra storia locale, occupava immeritatamente un ruolo di primissimo piano nella toponomastica urbana e proponevamo di toglierlo. Riprendevamo il discorso nel 2002, in corso di commissione toponomastica del comune di Favara, di cui facevamo parte, proponendo di sostituire Cavour con Federico II imperatore, e ancora nel gennaio 2013, con un articolo pubblicato su Sicilia On Press, mettendo in evidenza la poca valenza dello statista piemontese e di contro il grandissimo valore storico e culturale dell’imperatore Federico II imperatore. Si allega copia del nostro articolo pubblicato su Sicilia On Press. Si fa presente che si è disponibili ad un eventuale incontro, per meglio chiarire e documentare quanto sopra esposto, rimanendo in attesa di un gentile riscontro”.