Don Marco Damanti continua a difendere il “popolo”, lo fa coraggiosamente, credendo in quello che fa. Sbaglia chi pensa che il sacerdote sia in solitudine, ha intorno a se i suoi parrocchiani, i cittadini, le varie associazioni a difesa dell’acqua pubblica e dei consumatori e anche il giornalista che scrive, per quel poco che conta.
E’ un’intervista dai toni duri, senza sconti per alcuno e con il preciso invito ai corrotti mimetizzati all’interno delle istituzioni di lasciare finalmente libero il campo.
“Non è un popolo primitivo che vede il contatore idrico e si spaventa – dice don Marco – non lo vede come opera del demonio, ma ha paura di pagare di più, perché già si trova in difficoltà a far fronte agli attuali costi. Sta in questo concetto la gravissima colpa dei sindaci dell’Ati, con le dovute eccezioni come per Margherita La Rocca Ruvolo. Per loro responsabilità oggi parliamo di contatori, mentre non si parla di acqua 24 ore su 24, di acqua potabile nelle abitazioni, di costi adeguati al reddito della popolazione. In pratica, non si parla delle persone, ma di contatore. Proviamo a cambiarne i termini. Si metta al centro la persona, i padri e le madri di famiglia. L’acqua è un dono di Dio, sul quale non si può speculare.
Intanto, siamo arrivati alla catastrofica attuale situazione per colpa dell’Ati, formato dai sindaci della provincia che in questi anni hanno fatto poco, anzi pochissimo, accumulando ritardi. Doveva vigilare e intervenire, ma hanno fatto il gioco del tira e molla, sindaci fantasmi, sindaci presenti e poco protagonisti. Non manca chi ha pensato al suo orto. E’ l’Ati che da precise disposizioni al gestore, adesso dopo aver tirato la pietra tenta di nascondere la mano”.
Parole pesanti come macigni. Parole di chi non ha padroni da servire, di chi non ha strane aspettative, interessi particolari e personali. A parlare è una persona libera, ma non, dicevamo, sola, circondato come è da tantissimi cittadini.
“I regolamenti e le disposizioni che armano la mano del gestore portano la firma dei sindaci dell’Ati, questo rende tutto più amaro”.
“Oggi – il parroco si rivolge ai sindaci – chiedo nel nome del popolo che voi rappresentate di unirvi seriamente e impegnarvi facendo di tutto per garantire e tutelare i diritti del popolo che vive nella disperazione e nella miseria. Basta chiacchere, basta promesse elettorali, basta ambiguità e via i camaleonti. Chi ha le mani legate dal compromesso e favoritismo esca e lasci il posto a chi vuole garantire giustizia e diritto. Fermatevi e rivedete le vostre scelte”.
E’ un invito dettato dalla consapevolezza del drammatico momento vissuto dall’utenza, che i sindaci dell’Ati dovrebbe immediatamente accogliere, scommetto, felice di perdere la scommessa, che a ben pochi sindaci arriverà il grido di don Marco Damanti, parroco di una periferia che è di Favara, ma potrebbe essere quella di qualsiasi altra città della provincia di Agrigento.