Credo sia inutile andare a ricostruire la storia dell’Albo degli Operatori della Formazione. Tuttavia, gli ultimi accadimenti meritano una focalizzazione di alcuni dettagli che magari sono stati tenuti un po’ in ombra in tutti gli articoli pubblicati dalla Stampa in questi ultimi giorni. La prima cosa che credo sia opportuno chiarire, è quello che intendeva il Legislatore quando, con la Legge 24, ha istituito l’Albo nel lontano 1976. L’albo veniva visto, infatti, come elenco di operatori forniti dei requisiti per insegnare nei corsi professionali della Regione. Erano richiesti requisiti culturali (titolo di studio) e morali (certificati penali e dei carichi pendenti). In ogni caso, un Albo, in quanto tale, non può essere chiuso a una certa data e, tantomeno, da esso possono essere depennate persone che hanno trovato altre opportunità lavorative o sono andate in pensione. Da un albo si può essere cancellati solo quando vengono meno i requisiti necessari all’iscrizione, ad esempio con il sopraggiungere di una condanna penale, oppure quando non si è più fra i vivi.
Ben diverso è il caso – pienamente legittimo – in cui l’Amministrazione voglia garantire una particolare categoria di lavoratori che rispondono ad altri requisiti. In tal caso, è del tutto consentito definire una data di demarcazione oltre la quale le garanzie non possono essere applicate, come pure è legittimo definire altri paletti, come l’aver trovato un altro lavoro o l’essere pensionati. Ma, in questo caso, per eliminare ogni dubbio circa la natura di questo elenco di lavoratori che godono di particolari garanzie, sarebbe opportuno definirlo non come albo ma come elenco, elenco ad esaurimento, lista protetta, tutto ciò che la fantasia suggerisce, insomma, ma non come albo. Solo questa distinzione sgonfierebbe buona parte delle infuocate discussioni che si registrano quotidianamente sull’argomento.
Ciò detto, vediamo cosa accade in questi giorni: l’Amministrazione intende garantire i lavoratori censiti in questo elenco, ma si ostina a pubblicare un albo. L’albo viene pubblicato in svariate release, più frequenti dell’aggiornamento di un antivirus, per cui qualunque versione definitiva si abbia in mano si ha la profonda consapevolezza che essa è comunque provvisoria e sarà superata dalla release che uscirà nei prossimi giorni, comunque, in ogni release di questo albo ci sono morti (e questo non va bene), ci sono lavoratori che hanno preso altre strade o che sono andati in pensione (e che, se venissero depennati, avrebbero tutti gli strumenti per fare immediatamente ricorso e vincerlo, visto che ci si ostina a parlare di albo), ci sono persone la cui data di nascita fa riferimento al futuro, ci sono persone il cui titolo di studio non corrisponde a quanto pubblicato.
Non ci sono, invece, i dati essenziali per poter utilmente favorire una ricollocazione di questi lavoratori: dati che l’Amministrazione ha raccolto con scrupolo a partire dal lontano 2013, quando l’allora Assessore Nelly Scilabra inviò tutti gli operatori presso gli Sportelli Multifunzionali per approfonditi colloqui di bilancio delle competenze e di orientamento, proseguiti poi, negli anni, fino ai nostri giorni, con la compilazione di dettagliati questionari circa le competenze possedute e via dicendo. Immagino che, a questo punto, l’Amministrazione disporrà certamente di un database gigantesco che raccoglie tutti i dati immaginabili sugli operatori della Formazione, per cui un Ente che necessita di assumere un operatore con determinate caratteristiche non dovrebbe avere difficoltà a chiedere l’elenco degli operatori che rispondono ai requisiti richiesti e ad avere risposta in tempo reale. Ma, nella realtà, le cose non vanno in questo verso. Si susseguono compilazioni di elenchi di persone suddivise per luogo di nascita, persone che ancora devono nascere, oltre a tutti quelli che dovrebbero giustamente essere cassati da un elenco ad esaurimento ma non da un albo. Nessuna informazione, invece, sulla domanda fondamentale: “chi è in grado di insegnare in questo modulo che prevede queste competenze?”. Su ciò c’è il vuoto cosmico e questo ci addolora, perché ne deriva una riflessione poco piacevole: Giustamente, l’Amministrazione obbliga gli Enti ad adottare procedure di qualità che rendono conto dei metodi usati per eseguire ogni azione, pena la revoca dell’accreditamento. Ma come è possibile che, con la mole di dati in suo possesso, essa non risponda alla domanda, legittima, di avere segnalati gli specialisti dei vari moduli didattici? Come applica, l’Amministrazione, le proprie procedure di qualità sulla fruibilità della sterminata mole di dati che possiede?
Questa domanda assume particolare rilevanza proprio in relazione all’Avviso 2, avviso che ha visto gli Enti costretti a rispettare tutte le loro procedure di qualità, oltre che le disposizioni dell’Amministrazione, durante una gara di velocità degna più un Gran Premio di Formula 1 che di un Bando Pubblico, il giorno 11 giugno, per prenotare le risorse disponibili all’effettuazione delle attività formative. Sugli errori commessi durante questa gara di velocità, come il caricamento, per errore, di un foglio non firmato, l’Amministrazione è stata inflessibile e non ha concesso, molte volte, quel soccorso istruttorio che dovrebbe essere la regola corrente. Ma, nel momento in cui avrebbe dovuto provvedere, con la stessa qualità richiesta, a fornire risposte agli Enti alla ricerca di personale adeguato, i fili del telefono si sono rotti. O meglio, intrecciati con informazioni non dirimenti diffuse in più step mentre quelle essenziali sono ancora inaccessibili.
E, nel frattempo, ottomila operatori sono ancora nella più totale povertà, mentre molti Enti hanno esaurito le ultime risorse che consentivano loro di sopravvivere.