L’avversario politico è sempre da annientare, con fake news o con campagne hater sui social. Oggi il M5S è vittima di se stesso. I principi enunciati in questi anni sono stati calpestati ed il movimento del 2012 non è quello di oggi. E la metamorfosi è in piena attuazione.
Tante sono le cose dette che oggi sono state stravolte e sconfessate a proprio e comodo piacimento. Una spaventosa mutazione genetica del movimento: Niente più streaming, mai alleanze con i partiti, mai inciuci, mai doppi incarichi o incarichi ai familiari, non più di due mandati al mandato zero, no euro, no vaccini, no Ilva, e possiamo continuare all’infinito per ricordate Federico Pizzarotti, una delle prime vittime del movimento, che dichiarava le “Regole sempre applicate per i nemici e interpretate per gli amici“.
Ne parlo perché ho vissuto all’interno del M5s, lo conosco direttamente e non per sentito dire.
E posso dire che il movimento è diventato un partito, come quelli contestati dalla sua stessa rivoluzione, fatta solo nel web. In tutto questo, il rispetto politico e per l’avversario politico, tratti caratteristici della democrazia, sono assenti con naturale conseguenza del venir meno della dialettica e del confronto sui temi politici, che vengono invece sopraffatti dalle beghe personali.
Il discredito rimane l’unica azione armata che viene costantemente consumata, con l’arte micidiale di annientare la reputazione e intaccare l’integrità morale di un politico e prima ancora dell’uomo.
Solo per citarne alcuni, prima vittima Angelo Todaro, stimato professionista di Favara, oltre al sottoscritto, così come Emanuele Dalli Cardillo, per poi passare ai ben più noti portavoce: Giorgio Caccio, Claudia La Rocca, Federico Pizzarotti, Filippo Nogarin, Domenico Messinese, Rosa Capuozzo, Matteo Dall’Osso, Riccardo Nuti, Ugo Forello, e quando l’elenco sarebbe infinito si prepara ad accogliere prossimamente i consiglieri comunali dissidenti, accusati di difendere i principi e i valori del M5S.
L’uno vale uno si è dissolto e trasformato in “facilitatori regionali”, cioè segretari regionali, diventati peggio ancora dei “capi” regionali, così come non si ha nulla a sapere sulla restituzione degli stipendi, non applicabili ai ministri, vice ministri, sottosegretari e europarlamentari.
In questo scenario, Favara è in pieno ed inesorabile processo che non contempla più il rispetto politico non solo per la parte avversa ma addirittura tra gli stessi compagni di partito. I veleni, l’odio e l’arrivismo hanno ormai creato un clima tale che ha azzerato non solo lo stesso movimento ma persino gli altri partiti, quasi vittima della surreale dimensione di assenza di dibattito e di azione costruttiva per il paese.
La classe dirigenziale e politica, in generale ma soprattutto a Favara è assente, così come inesistente il dibattito per il futuro della città. Non esistono più i partiti, che spesso disorientati e disorganizzati, nel comporre le proprie liste, non hanno nessuna capacità selettiva della migliore classe politica, con evidenti e palesi risultati che, una volta eletti o designati, sono autoreferenziali e opportunisticamente liberi di autoproclamarsi leader di se stessi.
Forse meglio un tempo, in cui le parte politiche avverse si combattevano e si scontravano in un serio e costruttivo dibattito politico, ma avevano rispetto reciproco. Oggi, specie a Favara, manca proprio tutto questo. La politica è affidata a inadeguati al ruolo, incapaci di dialogare e di confrontarsi su temi cruciali. In questo tutti nessuno escluso ne hanno la responsabilità, perché carnefici e vittime del morbo dell’intolleranza e della violenza politica.
Per l’avvenire i partiti, o ciò che rimarrà dei partiti, dovranno prima di tutto adoperarsi affinchè la democrazia dialettica e il principio della tolleranza ritornino ad essere i baluardi della scelta dei candidati.
Mentre sul presente non mi faccio illusioni, come credo la stragrande maggioranza dei cittadini, i prossimi due anni, non passando la sfiducia, saranno l’esatta fotocopia dei tre anni già trascorsi dell’amministrazione grillina.
Alla fine, comunque andranno le cose, resterà la stima popolare per le schiene dritte, oggi inesorabilmente vittime, e il disprezzo, già abbondantemente guadagnato, per le schiene curve per le quali difficilmente l’interesse della collettività è ed è stato al primo posto.