Nel mio editoriale “E se l’utenza chiedesse il sacrosanto diritto all’acqua potabile?” metto al centro il problema della organizzazione del servizio idrico che nega il diritto all’acqua potabile all’utenza. Ovviamente, Girgenti acque dirà, con tanto di prove, che fornisce acqua potabile. Ed è vero, il danno è che la fornitura non è h24, ma è, in esclusiva agrigentina, di tipo “quando arriva, arriva e per poche ore”. All’approvvigionamento ogni 3 fino a 10 giorni si può fare fronte solo attraverso l’utilizzo delle vasche private di accumulo che consentono riserve idriche fino al prossimo turno di distribuzione. Peppe Moscato in un altro articolo racconta che l’acqua la paghiamo a Girgenti acque, alle aziende che imbottigliano l’acqua minerale e a chi la rifornisce a pagamento, quando non riusciamo ad arrivare tra un turno e l’altro con le riserve accumulate, così come accade attualmente, in alcune zone, a Favara con 3 distribuzioni idriche nel mese di Gennaio. Intanto, Girgenti acque informa con i suoi quotidiani bollettini di guerra sulle interruzioni e i ritardi a causa di guasti nel sistema idrico.
Nel mio editoriale ad un certo punto tiro la giacca dell’avvocato Giuseppe Di Miceli nella sua doppia veste di legale e di rappresentante di una associazione di consumatori. L’acqua che esce dai nostri rubinetti non può essere potabile come non può esserla se bevuta da un bicchiere che non si lava per mesi. E’ il recipiente privato altro non è che un bicchiere non lavato da mesi o, peggio, da anni.
Di Miceli mi ha risposto con una nota tutta da leggere, ricca della giusta dose di ironia buona per esorcizzare la grave problematica e, nello stesso tempo, senza sconti per i responsabili del sistema, sottolineandone responsabilità e incapacità. (Franco Pullara)
“Gent.mo Direttore,
nel suo articolo di giovedì 30 gennaio u.s., “tirandomi per la giacca”, mi chiedeva di dare una risposta, assumendosene il rischio della risposta stessa, al perché nel nostro territorio l’erogazione idrica avviene con una turnazione che va dai 3 agli 8 giorni, a seconda del paese e/o città che prendiamo in considerazione, pur pagando, i cittadini, una tariffa che è tra le più alte d’Italia, per ricevere col contagocce un’acqua non potabile.
Or bene, la colpa è del “Sistema”!
Conoscendola, sono sicuro che si starà chiedendo chi è il Sistema e dove risiede. Già nel suo articolo lo ha ben individuato nella sua duplice veste, la prima di natura Tecnica e la seconda di natura squisitamente Politico-Istituzionale.
Per la prima, da attento osservatore e studioso del servizio idrico, sa bene che quasi il 50% del liquido somministrato si disperde nel sollevamento operato dalle sorgenti all’abitazione del cittadino a causa delle condotte colabrodo. Inoltre, si deve aggiungere la depurazione delle acque reflue non effettuata a causa del mancato ammodernamento dei depuratori esistenti (di cui la maggior parte sono stati posti sotto sequestro dalla Procura che li ha affidati dapprima in custodia alla Regione, e poi, e successivamente, senza che quest’ultima avesse apportato alcun miglioramento, alla Gestione Commissariale della Girgenti Acque che per sua natura può solo effettuare interventi di ordinaria amministrazione e che quindi può solo preservare, al Nuovo Gestore, quando arriverà, il non depuramento), e di quelli addirittura mancanti.
Quello che è ancora peggio è che il costo di Gestione del SII risulta essere sostenuto e pagato integralmente dal Cittadino Utente. Quindi, se è vero come è vero, che il costo di approvvigionamento idrico incide per il 40% sulla tariffa, oltre al costo della depurazione, di fatto non effettuata, il SISTEMA TECNICO, fa si che il cittadino paga 100 per ricevere un beneficio pari a 30 e un danno ambientale ancor maggiore del costo stesso.
Veniamo adesso al SISTEMA POLITICO-ISTITUZIONALE. Quest’ultimo, è formato dall’ATI dai nostri Sindaci e dalla Regione Sicilia con a seguito i “nostri” Onorevoli regionali.
Per l’Ati, costituito dai “nostri” Sindaci, la responsabilità è di non voler fare, potendo fare. Per la Regione di non imporsi nel far fare. Già, ad inizio del 2019, la Regione Sicilia con delibera della propria Giunta di Governo imponeva, in tutto il territorio siciliano, la costituzione delle ATI e la redazione del piano d’ambito, e dove già esisteva, come nel nostro territorio, l’aggiornamento dello stesso piano, pena il mancato trasferimento dei fondi necessari per il miglioramento degli impianti idrici, e il relativo commissariamento della stessa ATI che risultasse comunque inadempiente. Invece, a fine 2019, la Regione, preso atto che nulla era stato fatto dai Sindaci siciliani, smentendo se stessa, anziché procedere al commissariamento, deliberava dei fondi in favore delle ATI per la redazione e l’aggiornamento dei piano d’ambito che i Sindaci non voglio fare o fare in malo modo. In malo modo? Già! I Sindaci del direttivo dell’Ati agrigentino, vorrebbero concedere a quei comuni che detengono le risorse idriche, pur non ricorrendo i presupposti normativi, la gestione in house del servizio. Posizione questa non condivisa, sembrerebbe, dalla maggioranza dei Sindaci dell’assemblea. Quindi, fin quando i Sindaci non troveranno la quadra su questa questione, con buona pace della Regione Sicilia, il servizio idrico gestito con grande difficoltà dai Commissari Prefettizi, non potrà avere nessun miglioramento, anzi rischia di peggiorare sempre più.
Cosa fare?
Occorre un tavolo dove le Istituzioni, lo Stato, la Regione e i Comuni, preposte alla salvaguardia della salute pubblica si coordino sul da farsi, nel rispetto delle prerogative del caso, attivando il potere sostitutivo riconosciuto ad ognuno di loro in caso di inerzia dell’altro.
Oggi, ad esempio, visto il tempo trascorso dalla presentazione della domanda di gestione in house dei Comuni richiedenti e la mancata risposta da parte dell’Ati, con lo Stato nella figura di GARANTE, la Regione potrebbe applicare il principio del SILENZIO RIFIUTO della pubblica amministrazione, prendere atto che nessuno dei Comuni agrigentini può gestire in house il servizio, sostituirsi all’Assemblea Idrica e procedere all’aggiornamento del Piano d’Ambito, formato da tutti i 43 comuni del consorzio (ex-provincia) avviando le progettazioni del caso, evitando, in tal modo, la perdita di preziosi finanziamenti per il SII agrigentino ed evitando, ulteriormente, le sanzioni da parte dell’UE che sistematicamente arrivano per la mancata depurazione e non solo. I Sindaci dal canto loro, sempre con lo STATO GARANTE, costituire l’Azienda Speciale Pubblica, dagli stessi voluta, per la gestione del servizio idrico, ponendo fine al precario, ed insufficiente, commissariamento della Gestione stessa.
Sperando di aver posto rimedio alla sua inesauribile SETE di cronaca, Le porgo
Cordiali Saluti”
Avv. Giuseppe Di Miceli
Avv. Giuseppe Di Miceli