Giuseppe Maurizio Piscopo
Autore- Musicista-Produttore discografico –
Nato ad Agrigento, mancato geologo, dal 1996 al 1970 lo ritroviamo con il suo primo gruppo musicale: “I Ragazzi Del Fiume” in tournèe in Italia e all’estero.
Nel 1970 il complesso maturatosi si trasforma musicalmente e con il nome “Tau e I Dales” partecipa al Festival Internazionale “PALERMO POP 70”.
Per la PICK UP records firma i due brani “Ergastolo” e “A due passi dal cielo” (45 giri).
Mario D’Alessandro decide di continuare da solo l’attività, sciogliendo la formazione da lui composta. Un lungo periodo è dedicato ad approfondire le proprie esperienze musicali che lo porteranno ad accostarsi al gruppo della scuola bolognese di Francesco Guccini, Giorgio Massini e Guido Rotolo.
Nella scuola agrigentina di cabaret accanto ai vari Enzo Di Pisa e Michele Guardì, figurano i testi e le musiche del versatile autore siciliano che per il gruppo “ I MIMOSTRANTI”, scrive i testi e le musiche dal 1975 al 1977.
Animatore culturale, costituisce ad Agrigento la prima Radio libera, conducendo e scrivendo i testi di numerosi programmi d’intrattenimento e non.
Ha occasione di presentare al “CANTAGIRO 77” due brani musicali incisi in un 45 giri per la ATA records, interpretati dall’attore Franco Catalano.
Nel dicembre dello stesso anno viene premiato alla rassegna dei CANTAUTORI SICILIANI al Teatro Biondo di Palermo.
Per Patrizia De Vecchis firma i due brani : “Sola e ti penso” e “Sensazioni” (C.P. Music ) curandone anche gli arrangiamenti con Salvatore Pumo.
Per la Settimana Pirandelliana di Agrigento (Luglio – Agosto 1978) scrive le musiche sia per “La sagra del Signore della Nave” di Luigi Pirandello con la regia di Ruggero Jacobbi sia per “L’altro figlio” di Luigi Pirandello con la regia di Andrea Cammilleri.
Per la RAI REGIONALE SICILIA firma i testi del programma d’intrattenimento in 15 puntate di “Scusi Ë permesso?”, condotto da Berta Ceglie ed Ezio Trapani.
In coppia con Salvatore Pumo firma i brani di un 45 giri comprendente “discosfida”, sigla dell’omonima trasmissione radiofonica di Giancarlo Guardabassi (RETE 1- ore 13 ) e “mata mata” sigla di chiusura della trasmissione “Non a caso qui stasera riuniti” (RETE 2, sabato ore 19,30) condotto da Clericetti e Domina.
Per il PICCOLO TEATRO PIRANDELLIANO scrive le musiche de “L’Onorevole“ di Leonardo Sciascia, per la regia di Enzo Alessi, presentato al 31° FESTIVAL DI PESARO. Uno dei brani è firmato in coppia con Rosa Balistreri.
Con Franco Li Causi, autore della nota canzone “Vitti ‘Na Crozza”, scrive le musiche per “Ciaula scopre la luna” e “La Giara” di Luigi Pirandello, presentate in cartellone nella stagione 1978-1979 ad Agrigento.
Firma i testi e le musiche di un 45 giri del gruppo SPIN per la SEA music: “Parlo e tu…” e “Cosa fai stasera”.
Ancora per la SETTIMANA PIRANDELLIANA 1979 scrive le musiche di “U Ciclope” per la regia di Andrea Cammilleri, in coppia con Guido Rotolo.
Su testo di Alfonso Zaccaria scrive la musica della sigla “Ballata per Ragusa” per la trasmissione Diario Ibleo ( RAI REGIONE SICILIA -12 puntate )
Ancora per la RAI (RETE 2 – ore 9) trasmessa quotidianamente dal 1980 al 1983, scrive la sigla della trasmissione “I Giorni” per la regia di Leda Zaccagnini.
In coppia con Guido Rotolo per la SETTIMANA PIRANDELLIANA 1980 firma le musiche di “Pensaci Giacomino” di Luigi Pirandello, per la regia di Pino Passalacqua.
Si trasferisce a Milano.
In occasione del 33° FESTIVAL ARTE DRAMMATICA di Pesaro, scrive le musiche di “Eufrosina” di Alfonso Zaccaria, opera presentata anche nella stagione teatrale 1980-1981 dalla compagnia PICCOLO TEATRO PIRANDELLIANO di Agrigento.
Partecipa come cantautore nel luglio 1981 alla rassegna “CANTAMARE” a Trapani con il suo brano: “Voglio Questa Notte “.
A settembre dello stesso anno Ë ospite con Ivana Monti alla serata finale dell’ EFEBO D’ORO 81, assegnato al film di Ettore Scola “ Passione d’amore”.
Per un lungo periodo frequenta la scuola di mimo al C.T.A di Milano e con il mimo Fidalma Fanciulli nel giugno 1982 partecipa allo spettacolo “Contrasto” al Poliziano di Milano.
Nello stesso anno Ë impegnato a Caramanico Terme in Abruzzo, per due mesi, in quotidiani recital ed animazioni con Fidalma Fanciulli.
Ancora con Fidalma Fanciulli mette in scena lo spettacolo “Musica e Mimo” e a dicembre debutta alle Scimmie di Milano e subito dopo alla Luretta di Bologna.
Nell’aprile 1983 ritorna a Bologna, a Loano ed ancora a Milano con lo stesso spettacolo che a dicembre presenta a Strasburgo.
Nel febbraio del 1984 esce il suo LP dal titolo “La Nave dei Folli” per la Nostradamus record.
Compie una tournÈe in Yugoslavia, esibendosi a Spalato, Belgrado, Zagabria. Lo spettacolo viene trasmesso dalla televisione nazionale.
Tra la fine del 1984 e l’inizio del 1985 lo spettacolo Musica e Mimo viene ospitato nella trasmissione “BorderÚ ” della RAI REGIONE SICILIA.
Nel 1985, sempre per la RETE 3 Rai firma le musiche del film “Bosco per Verso” per
la regia di Nuccio Vara.
Nel 1986 inizia le produzioni discografiche degli artisti Ken Power (WEP, distribuzione RCA) e PAKO.
Scrive e produce l’inno ufficiale della JUVENTUS per l’etichetta Forever.
Nel 1987 scrive e produce per la RAI REGIONE SICILIA le 6 puntate del programma radiofonico: “In Differita…Via Satellite”.
Collabora alla produzione dell’album “Favole Senza Finale” del cantautore Gimmi Asta.
Scrive e produce per i Pako Pako Circus di Milano il brano “Alcione”.
Nel 1988 per RAI 3 (dal 4 ottobre al 16 dicembre) firma 44 puntate di “Complimenti per la Trasmissione” condotta da Piero Chiambretti nel quasi gioco giornaliero itinerante per l’Italia, in diretta dalle case dei concorrenti.
Nel 1989 (ottobre- dicembre) scrive e produce per la RAI REGIONE SICILIA, 12 puntate del programma radiofonico.”Palermo Uno…Novanta, La Smorfia”.
Nel giugno 1991 firma: “Aspettando Il Cantagiro”, condotto da Sandro Ciotti, 4 puntate per RAIDUE.
Dal giugno 1991 al settembre 1991 firma: “Il Pomeriggio del Nuovo Cantagiro”, 14 puntate con Gianfranco Agus, Patrizia Pellegrino e Pino D’Angiò, per RAIDUE, ore 16,30 e il programma in prima serata “Il Nuovo Cantagiro 91”, 14 puntate con Mara Venier e Gabriella Carlucci, sempre per RAIDUE alle ore 20,30.
Produce e firma, nel 1992, per Musica Solare l’album: “I Bimbi siamo Noi” per il gruppo Casadei 012. Nello stesso anno, firma per la RAI REGIONE SICILIA il programma d’intrattenimento radiofonico “Palermo…1…90…” condotto da Salvo Mangione ed altri.
Nel giugno 1993 firma per RAI 1 lo special “dal Mambo…al Merengue…Raoul Casadei”, prodotto da Marco Barbieri per Progetto Musica.
Firma e produce, per la Carosello, i brani del gruppo napoletano i TrettrÈ del CD single “MAREMOKAMAMBO”.
Per il gruppo Statuto (EMI) firma il brano “Aiò-Aiò” che fa parte del CD single,“Saluti dal mare” e riproposto nell’Album “E’ tornato Garibaldi”.
Produce e firma per il gruppo Casadei 012 Musica Solare: “Cantagioca con Italia in Miniatura”, sigla del famoso Parco Giochi della Romagna.
Firma tre brani dell’Album “Buone Notizie” (distribuzione Ricordi) per L’Orchestra Italiana di Raoul Casadei tra i quali il brano “Bella Estate” sigla dell’omonimo programma di RAI 1 trasmesso in 16 puntate.
Per RETE 4 cofirma il programma “Il gioco delle Coppie Beach” trasmesso in 72 puntate condotto dal gruppo I TrettrÈ e Wendy e firmando la sigla di apertura e chiusura “Notte Beach” eseguita da I TrettrÈ, producendo un Mix per la NAR (edizione Canale 5 – Musica Solare).
Nel 1996 vince lo ZECCHINO D’ARGENTO con il brano ” L’astronave di Capitan rottame” del quale L’Antoniano di Bologna ha realizzato un cartone animato.
Nel 1998 è stato direttore artistico dell’Orchestra Fratelli d’Italia ed anche dell’European Twins Festival 1_ e 2_ edizione (2000 e 2001) svolta a Rimini e a Bardolino nel 2004.
E’ stato produttore delle orchestre di Luca Bergamini, Brunella, Carlo e Donatella, Spot e Fratelli d’Italia e molte altre.
Nel 2013 ha scritto le musiche per il “Berretto a sonagli” con Pino Caruso per la regia di Francesco Bellomo
commedia adesso in tournèe nei teatri portata in scena da Gianfranco Iannuzzo.
In questa intervista Mario D’Alessandro sussurra con fascino e grande poesia la sua storia di musicista, di autore tra i più importanti in Italia. Del suo legame con Agrigento, del suo trasferimento prima a Milano poi a Gatteo Mare, delle difficoltà dei musicisti che vivevano in provincia, della nascita del gruppo “I ragazzi del fiume” che tutti ricordiamo con affetto, del suo rapporto con gli altri musicisti italiani. Una bellissima storia da raccontare alle nuove generazioni che si affacciano nel mondo dello spettacolo
Quando è iniziata la tua avventura nel mondo della musica?
Non riesco a datare quella che tu definisci avventura, perchè i calzoni corti…si portavano ancora verso i 14 anni…e ricordo di averli avuti quando mio padre mi fece dare lezioni di fisarmonica da un bravissimo maestro bresciano che viveva ad Agrigento da anni. Non avevo tanta voglia di studiare e il Prof. Puma, disse a mio padre che non voleva rubare i soldi…dato che riproducevo perfettamente tutto ciò che era scritto sullo spartito. Suonavo ad orecchio! Più tardi, verso i 16/18 anni quando da mio padre ebbi in regalo una batteria, che desideravo molto, invece che una vespa 50 fui immensamente felice! In quegli anni la batteria era sonora o meglio la mia non era muta o elettronicamente gestibile in cuffia come accade oggi per cui gli inquilini del piano di sotto non facevano altro che lamentarsi. Fui costretto a trasferirla a S. Leone nella casetta estiva di famiglia senza disturbare nessuno. Qualche tempo dopo nacquero “I ragazzi del fiume”. Io e il mio fraterno amico Gianninè (Gianni Scozzari) iniziavamo a suonare e cantare, Provavamo e riprovavamo. Un giorno sentimmo suonare in una traversa di via Maddalusa, prima del ponte sul fiume Akragas, un bravissimo chitarrista. Lo conoscevo di vista. Un pomeriggio, passando davanti casa mia, lo fermai e gli chiesi di venire a trovarci. Era Enzo Frangiamore uno straordinario chitarrista, ma soprattutto un bravissimo ragazzo molto dolce e serio appassionato del famoso complesso. Vivemmo in pieno i Beatles come se fossimo stati a Liverpool e non ad Agrigento! In seguito si unì a noi Paolo Punturello che suonava molto bene il basso e ancora il cantante Franco Garufo. In cinque potevamo finalmente armonizzare le voci per riprodurre i cori “beatlessiani”.
Qual è il fascino di una canzone?
Credo che le canzoni si dividano in due categorie: quelle belle e quelle brutte. Ma tutte hanno uno scopo. Ti fanno riflettere, ti fanno compagnia, fissano i tuoi ricordi, ti fanno muovere e ti fanno fermare. Insomma, credo, ti seguono e inseguono per tutta la vita; sono come un angelo custode. Hanno il potere di farti piangere, di farti ridere, di parlare e cantare a bassa voce di farti urlare, di farti addormentare e di farti svegliare. Insomma, ti accompagnano in ogni istante per tutta la vita.Ecco.Questo è il fascino.
Una canzone può essere “pericolosa”?
Non credo, se tu ti riferisci alle canzoni normali che si riferiscono alla vita. Alla gioia di vivere, al senso dell’esistenza. Al contrario di quelle scritte con l’intenzione di far passare messaggi subliminali legate a generi durissimi, da musicisti esaltati da alterazioni dovute alle droghe. Credo proprio che una canzone non è mai pericolosa.
Qual è la prima canzone che hai cantato e suonato?
Se ti riferisci davanti ad un pubblico… ricordo di aver cantato a dodici anni (avevo i calzoncini corti) in un matrimonio. Mi ritrovai invitato da qualcuno su una pedana a cantare “Fatalità”. Dietro di me avevo un’orchestra vera formata da tanti elementi. Me la cavai abbastaza bene, senza aver mai provato con loro. Fu un successo per me. All’epoca il brano era una canzone in voga e quel microfono “vero” e professionale mi aiutò a vincere la timidezza. Da allora ho continuato ad esibirmi senza problemi.
Tu hai fatto parte di gruppi musicali importanti ne vuoi parlare?
Come ti ho accennato prima, ho fondato “I ragazzi del fiume” e volendoli portare verso traguardi ambiziosi, sono stato sempre fedele e rispettoso al gruppo; non ho cercato altre formazioni ma altri elementi si sono avvicendati nel nostro. In particolare Rosario Messina alle tastiere, Guido Rotolo tastiere e piano. All’epoca Guido viveva ad Aragona ma studiava ad Agrigento. Con Guido siamo stati sempre vicini e lo siamo tuttora. Quando si trasferì all’università a Bologna, spesso lo raggiungevo e frequentavamo i suoi amici musicisti che poi col tempo sono diventati miei mi riferisco a Francesco Guccini, Angelo Branduardi, i fratelli Massini e altri. Da Vito, storica osteria bolognese, tra un bicchiere di vino, risate e canti improvvisati nascevano idee canzoni e progetti continuamente. Con il gruppo I Ragazzi del fiume abbiamo inciso un 45 giri e successivamente abbiamo partecipato al Festival POP 70 cambiando per l’occasione il nome in Tau e i Dales. Formazione che dovetti sciogliere poiché due componenti della formazione morirono tragicamente in circostanze diverse. Non ne volli più sapere. Ritenni conclusa l’esperienza e feci soltanto il cantautore. Partecipai ad un Cantagiro con un mio brano eseguito dal “cantattore”..Franco Catalano. Da quel momento come autore ho scritto e musicato brani per molti artisti, per molti complessi e formazioni orchestrali. Da quando mi sono trasferito prima a Milano e poi in Romagna la discografia dei miei brani incisi nel corso di una lunga carriera è davvero molto lunga.
Che cosa hanno rappresentato la Barcaccia, il Madison, come hai vissuto la musica in quegli anni?
Con i “Ragazzi del fiume” suonavamo nei locali della zona, nelle sale parrocchiali e in tutti quegli spazi possibili. Studiavamo tutti, non potevamo suonare da professionisti. Avevamo poche risorse ed eravamo costretti a tassarci per pagare le cambiali che servivano per pagare a rate la costosa strumentazione e l’amplificazione! Ricordo che dovendo pagare una cambiale e non avendo racimolato i soldi per quel mese siamo andati a fare l’unico “matrimonio” ed abbiamo chiesto come cachet l’importo della cambiale. Ad Agrigento gli amici e gli altri gruppi musicali ci definivano “snob”. Voglio sottolineare che i gruppi musicali di quegli anni esercitavano solo simpatici “sfottò”senza malizia o acredine. Alla “Barcaccia” abbiamo suonato da supporter all’Equipe 84 e quella volta abbiamo utilizzato parte della loro amplificazione i loro microfoni; io la batteria di Alfio Cantarella. Durante il ceck dei microfoni il pomeriggio misero la base di “Nel cuore, nell’anima” e invitato dal loro tecnico Giorgio accettai di cantare sulla loro base. Ricordo con piacere che imitai la voce di Vandelli. Era così simile che Maurizio Vandelli incuriosito si affacciò dalla balconata. Dall’alto mi fece un cenno di approvazione con il “pollice in alto”. Questo per un ragazzino quale ero costituiva un gratificante riconoscimento. Un paio di anni fa raccontai l’episodio a Maurizio Vandelli. Ebbi voglia di ricordarglielo.
E degli Equipe 84, dei Camaleonti, dei Dik Dik che mi puoi raccontare so che eri in contatto con loro?
La nostra collocazione geografica ci ha sempre penalizzato. Agrigento è molto più vicina all’Africa che a Milano. Noi siciliani per proporre talenti, capacità e passioni dobbiamo ancora oggi viaggiare. I gruppi che da te citati venivano percepiti come miti non solo per la musica che facevano e che noi cercavamo di riproporre. Li vedevamo lontani, anzi lontanissimi. Per noi Milano era l’America. Devo dire però che quando in seguito con molti di loro ho fatto delle cose insieme non li ho più sopravvalutati. Se avessimo avuto casa a Milano avremmo potuto fare un salto alla Ricordi, alla Numero uno, al clan di Celentano. Insomma andando sul 38 sbarrato avremmo potuto proporre le nostre canzoni.
Ma tu sei Autore di molte canzoni, hai mai partecipato al Festival di Sanremo?
A Sanremo, come autore, non ho partecipato, ma ci sono stato parecchie volte per diverse occasioni. Con Piero Chiambretti, quando lavoravo in “Complimenti per la trasmissione” come suo autore e fece l’ospite. Ancora con Mango (si chiamava Pino Mango) ritornai a Sanremo quando ero consulente alla Peer Southern e il grande editore Carisch mi “mandava” con Mimmo Paganelli, allora direttore artistico della Peer (poi passato alla EMI). Altre volte solo come osservatore o al seguito di altri artisti con i quali collaboravo.
Cosa stai facendo in questo momento?
Continuo con ritmi meno nevrotici a scrivere canzoni (non ho più l’età per inseguire spazi che ormai sono cambiati, in meglio o in peggio non so) e rispondo solo alle chiamate professionali di chi mi conosce per quello che sono e so fare. Il regista agrigentino Francesco Bellomo, dopo 35 anni, si è ricordato di un mio brano, mi ha telefonato, ha canticchiato il brano per telefono e ha voluto affidarmi le musiche del suo “Berretto a sonagli” con l’interpretazione di un altro mio fraterno amico e bravissimo Gianfranco Jannuzzo. Il successo di questa produzione è tangibile in ogni città italiana dove è rappresentata l’opera che tra l’altro è ancora in tour. Amicizia e stima hanno memoria.
Come è diventata Rimini nel 2018?
La frequento meno, perchè questa città che rimane il “divertimentificio”..della Riviera ha cambiato fisionomia. E’ caotica quasi a volere emulare una metropoli, ma in chiave balneare. E’ cambiata, così come è cambiata Riccione con la sua movida, il traffico di auto, pullman, treni. Importante però è la Grande Zona Fiera dove si alternano le fiere più importanti d’Italia che riguardano anche noi che ci occupiamo di musica, attrezzature e spettacolo in genere.
Abito a Gatteo Mare e da Rimini mi separano una ventina di chilometri, da Cesenatico soltanto 5. Preferisco frequentare quest’ultima. È più vivibile, esprime una dimensione di grande paesone con le sue darsene, il pesce fresco e quei deliziosi posticini che accolgono tutti. Chi ha fame e vuole ascoltare musica dal vivo si muove in quella zona.
Qual è stato il primo giocattolo che hai ricevuto?
Credo sia stato il “meccano”. Con mio fratello non c’è una grande differenza d’età e quindi i giocattoli cosiddetti erano in comune. Diciamo poi che i suoi interessi e i miei erano indirizzati verso giochi istruttivi e costruttivi. Giocattoli erano per noi “I maestri del colore”, gli strumenti musicali e le radioline portatili.
Qual è l’ultimo cd che hai ascoltato?
Ascolto, o è meglio dire riascolto parecchi CD della mia discoteca personale, che nulla ha a che vedere con la Discoteca Uaddan (la ricorderai) che negli anni 70 ho fatto e gestito con mio zio ad Agrigento. Ma l’ultimo CD, in ordine cronologico è della nostra conterranea Levante che apprezzo molto su l’insistente segnalazione di mio figlio Francesco, quasi ventenne, mi segnala molte produzioni americane e alcuni artisti italiani.
Qual è la canzone che tutte le donne dovrebbero ascoltare?
Sono molto legato a una canzone scritta da Enrico Ruggeri che, secondo me, ha un’eccellente capacità di entrare nella fragilità e forza femminile. “Quello che le donne non dicono”. Un capolavoro, credo.
E agli uomini cosa consigli di ascoltare, quale Autore contemporaneo?
Premesso che le recenti sperimentazioni italiane non scuotono i cantautori come me consiglio Tiziano Ferro, Neffa, Michelin e Levante. Credo siano abbastanza interessanti.
Cosa pensi della bellezza, salverà il mondo veramente?
Se per bellezza intendiamo quella interiore, volta al recupero di valori, sentimenti, atteggiamenti positivi, senso civico e rispetto verso gli altri e ancora verso il pianeta e il suo futuro ormai dispersi Allora si. Questo concetto di bellezza può salvare il mondo.
Perché gli uomini sono così violenti con le donne, che cosa non funziona, cosa non hanno capito ancora gli uomini?
Credo dipenda dall’emulazione illustrata molto bene dai media, dall’insicurezza maschile e questo nuovo senso del “possesso” che sempre per insicurezza cerca di allontanare le “solitudini”. E’ una situazione che si avverte in tutte le latitudini perchè la “cultura” è cambiata; la nevrosi ci sta distruggendo; insieme alla velocità assurda che ci fa sbandare da tutte le parti. L’uomo è alla ricerca di nuove strade nel difficile dialogo con l’emancipazione femminile. Gli viene difficile accettare di non essere lui al centro del mondo, ma di essere in due.
Che cos’è la solitudine oggi?
La tecnologia ci ha fregati! Stiamo cercando il senso della misura che non troviamo. Il computer ci fa credere di essere dentro il mondo. I “social” ci hanno offerto la comodità di una sedia per incontrare e parlare. Rinunciamo a vederci, incontrarci e parlare. Diciamo che sentirsi soli in mezzo agli altri è meglio che sentirsi a casa da soli.
Ci sono molte case con tv a 60 pollici e mancano i libri, la tv sostituisce i libri?
No. Il libro come strumento non può essere sostituito e gli e-book sono l’applicazione della tecnologia che lo ripropone, anche se, credo, prima o poi dovremo rinunciare all’odore della carta come supporto.
Come eri Mario da bambino, quando hai scoperto le tue qualità artistiche?
Non mi sono mai accorto delle mie qualità, ma ho vissuto con passione ciò che amavo e che amo. Altri forse più attenti di me se ne sono accorti e mi hanno lasciato fare.
Quale ricordo hai del maestro, dei tuoi compagni, del primo giorno di scuola, dell’atmosfera che si viveva allora ad Agrigento la più bella città dei mortali?
Ho avuto una maestra, la signora Svettini, e credo nessuno può smentirmi, che è stata la scrittrice della storia di molti di noi alunni. Dolce, amorevole, tollerante, materna e bravissima. Ho frequentato le elementari al Viale della Vittoria e tutti i miei compagni di scuola sono diventati grandi professionisti (medici, ingegneri, dottori, presidi, insegnanti ecc.). Si può dedurre come la maestra sia stata brava in quella fase importante dell’apprendimento. Io no. Da mancato geologo mi sono dedicato ad altro. Con molti compagni di un tempo ho ancora un rapporto amichevole. Alcuni di loro non condividono i miei pensieri di oggi, ma nutro lo stesso un grande rispetto del loro e conservo un ricordo indelebile di quel periodo giovanile.
Giovanni Moscato ha scritto la canzone Agrigento da sempre, ma Agrigento secondo te è sempre la stessa?
Sono critico e spesso polemico con la mia città, e credo di aver ragione nel senso di aver fatto qualcosa per Agrigento (una discoteca e due radio libere, un laboratorio teatrale sperimentale e all’Uaddan (la mia discoteca) miriadi di iniziative che non sto ad elencare. Ho fatto tutto ciò sempre da solo, con l’aiuto della mia famiglia. Agrigento mi ha fatto un po’ alla volta a perdere l’entusiasmo. Pochi riconoscono quello che ho fatto. Negli anni 80, sono andato via. Non devo dire grazie a nessun politico ed essendo un uomo libero mi posso permettere di amare la mia città con passione e poterla criticare. Credo sia cambiata molto poco in questi decenni. Soprattutto la mentalità è sempre la stessa. Solo un piccolo spiraglio mi suggerisce di aspettare la nuova generazione che sicuramente farà partire Agrigento Due Punto zero.
Diventerà Capitale della Cultura?
Credo che presto si pronuncerà la famosa commissione dei sette illustri giurati. Spero che ciò avvenga. I giovani agrigentini di oggi hanno necessità non di assistenza ma di supporto e di futuro. Sanno di avere un grande capitale culturale, come del resto lo sapevamo anche noi che abbiamo combattuto, ma paradossalmente credo che oggi hanno meno spazi di noi e poche opportunità di movimento. Penso si siano svegliati. Mi auguro che il teatro da portare alla luce, la geografia del mare, della valle e della collina su cui è seduta, vadano curati. Dal villaggio Peruzzo, guardando la città di sera Agrigento mi è sembrata una nave. La identifico con “La nave dei folli”. Per questo ho dato questo titolo all’unico album che ho fatto negli anni ottanta quando sono andato via emigrando al nord.
Cosa pensi dei premi letterari?
Io credo che i premi in genere siano delle occasioni importanti. Sono la gratificazione per coloro che si esprimono nell’ arte. Di premi ne ho avuti tanti, ma sono legato particolarmente ad uno. Lo Zecchino d’Argento. Ho partecipato un anno con un brano dal titolo: “L’astronave di Capitan Rottame”..e quello zecchino d’argento mi ha fatto assaporare il desiderio che avevo da bambino di partecipare quando lo seguivo in televisione. Adesso la canzone è adottata in moltissime scuole italiane. Dopo trent’anni il messaggio del brano è ancora attuale.
Chi è il tuo autore siciliano preferito?
Sarebbe facile rispondere Andrea Camilleri, con il quale ho lavorato al Piccolo teatro Pirandelliano, scrivendo le musiche per la Sagra del Signore della Nave di Luigi Pirandello, ma non è il solo. Preferisco ancora Consolo e Bufalino. E perchè no, Nicolò D’Alessandro, mio fratello, che seguo da un bel po’ di tempo e che di recente mi affascina con le sue nuove favole e i racconti.
E tra gli stranieri?
Mi piacciono le cose divertenti, ironiche, sarcastiche e assurde. Non posso fare a meno di ricordare Max Aub e i suoi Delitti perfetti, pubblicato da Sellerio qualche anno fa.
Cosa pensi del Premio Nobel dato a Bob Dylan?
Tutto il bene possibile. Quasimodo, Pirandello, Fo e Dylan. Che differenza c’è con la parola espressa in diversi modi? Generazioni intere sono cresciute con i loro imput letterari. (Ho citato tre italiani per campanilismo.) Mi aspetto che un cantautore italiano sia premiato con un Nobel.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a fare quello che faccio, seguendo anche i mie due gemelli Amedeo ed Alfredo che hanno, a mio avviso un grande talento nel rap/spoken e poesia con il loro “colpo di stato poetico” e brani d’impegno sociale. Continuo a scrivere canzoni, occupandomi di altri artisti e collaborando con associazioni culturali, riviste e periodici. Non smetto di scrivere e riscrivere anche quello che è stato già scritto ma soprattutto continuare a leggere e ancora leggere. Non si finisce mai d’imparare.
Non a caso seguo le indicazioni del mio ultimo quasi ventenne figlio Francesco che è un’enciclopedia musicale della nuovissima generazione.