Esiste un luogo, non lontano da Agrigento, nel quale tra monti che sembrano scolpiti da una mano d’artista, un cielo il cui colore rievoca atmosfere quasi mistiche e l’abbagliante verde dei boschi e dei prati, vive e lavora un pastore dall’anima eclettica. Lui è Lorenzo Reina, uomo robusto, come da queste parti bisogna essere, ma dallo sguardo semplice e gioviale e la località dove ha concretizzato il suo sogno è Santo Stefano di Quisquina, paese non lontano dal famoso Eremo di Santa Rosalia, la quale qui visse in una grotta per dodici anni, al riparo dalle imposizioni sociali che la volevano sposa, dodicenne, ad un nobile scelto per lei, ma ovviamente non da lei. L’aria a quest’altitudine è frizzante e sembra aver ispirato da sempre la vitalità del protagonista di una delle storie artistiche siciliane più singolari.
Lorenzo per venire incontro alle esigenze del padre, anch’egli pastore, si ritrova sin da piccolo tra i pascoli, a dover governare mandrie di pecore, perfezionando al contempo un’esigenza umana di riscatto da una vita di estremi sacrifici. Mostra precoci doti artistiche che affina durante i lunghi giorni accanto al suo gregge e inizia a modellare la locale pietra calcarea secondo le sue ispirazioni, nate tutte da una personalissima osservazione del cielo e delle nuvole: inizia quindi dodicenne (il ricorrente numero dodici, in questo punto dell’entroterra agrigentino, sembra voler comunicare qualcosa) a lavorare, interrompendo gli studi. Ma la sua bucolica quotidianità viene però interrotta dalla chiamata alla leva, che lo allontana inaspettatamente, e per la prima volta, dai suoi monti, “trapiantandolo” per un anno a Napoli, dove l’incontro col maestro Gabriele Zambardino, in compenso, gli cambia la vita.
Qui Reina affina ulteriormente le sue doti artistiche ed umane, acquisendone maggiore consapevolezza e sperimentando sia l’indifferenza della gente che l’ebbrezza dell’ispirazione. Ed è tale condizione che, al rientro a Santo Stefano, lo porta a uno scontro col padre, incredulo per la scelta del figlio di voler abbandonare la faticosa, ma redditizia, attività di famiglia per seguire la chimera dell’arte. Chimera che tanto irraggiungibile non dovette però essere per Lorenzo Reina, visto che inizia quasi subito a lavorare su molteplici materiali (dalla pietra al legno), esponendo in giro per l’Italia e all’estero e ricevendo commissioni sia da privati entusiasti che da numerosi enti pubblici. La sua carriera era praticamente decollata, ma dovette rallentare per una promessa fatta al padre morente: non far sparire l’azienda di famiglia, creata con così tanti anni di durissimo lavoro.
continua…
Antonio Fragapane
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