Carmelo Costa 26 anni, infermiere, abitante del centro storico di Favara si è offerto volontario per accompagnarmi, un po’ come Virgilio fece con Dante, nei meandri più oscuri del centro storico di Favara, l’Inferno. “Non uomo omu fui” dice Carmelo, riferito alle precarie condizioni in cui versa “il suo” centro storico.
L’Inferno di Favara, proprio come nella Divina Commedia, l’abbiamo suddiviso in nove cerchi concentrici, nel quale al suo interno abbiamo trovato una piaga diversa. Il pattume più tossico e inquinate si trova nei primi cerchi (vicino alla lussuriosa Piazza Cavour) mentre nei cerchi successivi rileveremo altre criticità derivanti da inciviltà, ignoranza e devianza sociale. Carmelo ha il merito di avermi fornito preziosi spiegazioni su cosa significa vivere nel cuore del centro storico e sul criterio di assegnazione del degrado nei cerchi.
Il nostro viaggio inizia in via Arco Cafisi, dove da poco è stata rimossa la struttura in prefabbricato del cesso pubblico. La strada, che via via diventa una scalinata risulta priva di asfalto. Ai lati abbondano erbacce e rifiuti di ogni genere. Nell’aria una puzza di piscio insopportabile. Un vecchietto dalla vescica piena ci disse: “lasciate ogni speranza o voi che entrate”. Arrivati a naso chiuso nel I cerchio abbiamo trovato diverse discariche di eternit (via Palma Oliva), che ci ha fatto letteralmente rabbrividire. Non è un mistero che l’amianto provoca il cancro, ovvero la peste del XX e del XXI secolo. Da lì a poco ci ritrovammo al II cerchio, quello delle case fatiscenti (via Reale, via Discesa degli orti, cortile Gallina ecc ecc). Qui la situazione è agghiacciante. Carmelo crede che alcune di queste case non supereranno l’inferno, inteso quello stagionale. Lì abbiamo visto anche i resti di quella maledetta casa dove il 23/01/2010 morirono sotto le macerie le sorelline Bellavia. Che vergogna!
Scorgendo attentamente quelle vecchie costruzioni mi sono accorto che alcune di esse sono disabitate ed altre occupate. Avete letto bene, occupate. Infatti alcuni migranti disperati approfittano di queste case fatiscenti per trovare conforto, almeno la notte, dopo un’estenuante giornata lavorativa a servizio di chissà quale caporale. Proprio mentre commentavamo questo scempio, a causa del forte vento, il tetto di una casa minacciava di scoperchiarsi. A quel punto Carmelo mi chiese: “se vuoi torniamo indietro…” Neanche per prendere la rincorsa – risposi parafrasando il “Che”. Arrivati velocemente nel III cerchio, trovammo alcune fogne a cielo aperto (come quella di vicolo Ciavola). Una vecchietta della zona, a zia Pippina, ci disse che da quel buco maligno escono ratti che sembrano mostri.
“Nulla addolora maggiormente” – continua la vecchietta – “che ripensare ai momenti felici quando si è nel dolore. Nel IV cerchio prendemmo atto dei limiti della nostra società, deviata, malata, deformata la società che non crede più nei valori, quelli autentici, quelli da elogiare perché puri e genuini. Disseminati per le strade all’interno di quel funesto cerchio abbiamo contato tante siringhe, cicche di spinelli e tantissime bottiglie di vino e birra. A questo proposito Carmelo mi disse: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Non c’è dubbio, solo la cultura potrà salvarci.
Nel V cerchio abbiamo rilevato la presenza di diverse discariche abusive, (cortile Lanfranca, via Pompei, via Reale, via San Nicola ecc ecc) ma alla fine non ci abbiamo fatto caso più di tanto. Ci siamo assuefatti.
Nel VI cerchio si nascondeva un’altra insidia: cavi elettrici posti ad altezza uomo (via palma oliva, via arco cafisi ecc ecc). Superato anche questo ostacolo nel VII cerchio vedemmo diversi veicoli abbandonati. È incredibile come in un posto così piccolo e stretto possano abbondare questi rifiuti ingombranti. L’ VIII cerchio è il posto dove abbiamo rischiato di più per via della presenza di numerosi cani randagi. Essi si riproducono a quantità industriale, e stanno lentamente superando gli abitanti dell’inferno. Nell’ultimo cerchio che abbiamo visitato (il IX) abbiamo fatto più fatica del solito per via delle strade dissestate. Carmelo sa benissimo che anche fuori dall’inferno, su questo aspetto, non siamo messi benissimo. Nel frattempo un anziano passante giura di ricordare che questo posto, tanti anni fa, era un paradiso.
A viaggio ultimato abbiamo ritenuto opportuno farci un moderno selfie, così per ricordare questa giornata, ma rivedendo la foto ci siamo accorti che sotto la maestosa Chiesa Madre brucia più che mai il mondo dell’Inferno.
“Ahi serva Favara, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”
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3 commenti
Interessante inchiesta, potrebbe essere un percorso da condividere : Complimenti !
complimenti avete descritto con sapienza e minuziosità il degrado in cui si trova il centro storico del comune di Favara, nei confronti del quale si nota il disinteresse totale dell’amministrazione comunale, del consiglio e dei dirigenti. Penso che questo INFERNO, accuratamente descritto, è stato voluto da chi ci ha amministrato nel tempo per darsi la possibilità di speculare sulle nuove costruzioni.
Ma come scrivi, come scrivi? Chi scrive male pensa male! E che ti arrivassero due bei ceffoni morettiani…Comunque, il tutto verrà segnalato all’Accademia della Crosta…