Terminata la Santa Messa, l’ultima celebrazione che ha chiuso l’odierna giornata dedicata al Santo di Assisi, fra Giuseppe ha tuonato contro i “distruttori” della pace. E’ stata una riflessione coraggiosa, che ha colto di sorpresa i tanti fedeli che affollavano la chiesa del convento e che non si aspettavano le dirette e precise accuse del frate. Un forte e prolungato applauso alla fine della meditazione di fra Giuseppe, ha testimoniato la condivisone e l’apprezzamento sulle cose dette dal francescano da parte dei fedeli.
“Il tema della festa di quest’anno è con Francesco costruttori di Pace – ha detto fra Giuseppe – riflettendo ho potuto constatare che per Francesco la pace non è tanto un valore da promuovere, ma una persona da seguire: la stessa persona di Gesù. È Cristo la nostra pace nella misura in cui sono capace di avere i suoi sentimenti, il suo modo di pensare di agire. La pace non è tanto un problema morale, quanto un problema di fede perché, più che il nostro agire, tocca il nostro essere di persone conformate a Cristo in profondità, non con l’aggiunta esteriore di incarichi ma con l’aiuto della sua sola grazia. Noi pensiamo che pace sia fare silenzio per non creare fastidi, pensiamo che facendoci i cosiddetti affari nostri tutto resta tranquillo e sereno, sappiate che questa non è pace è paura, è omertà è mancanza di appartenenza al contesto in cui viviamo è mancanza di amore verso l’uomo immagine di Dio.
Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. La pace non è starmene a casa mia o starmene dentro le mura di una chiesa o di qualsiasi ente o istituzione e essere disincarnato dalla realtà. Come Cristo dobbiamo essere segno e contraddizione, per dirla alla don Pino Puglisi dobbiamo rompere le scatole. La pace non è solo assenza di guerra ma è giustizia, è riconoscimento reciproco della dignità umana e vivere faccia a faccia con l’altro anche se il suo volto è nero o olivastro o semplicemente diverso dal mio. Pace è saper lavare i piedi di coloro che mi sono stati affidati e custodirli come perle preziose nel mio compito di genitore, di insegnante di sacerdote, di frate di sindaco di amministratore ecc. Pace è dare sepoltura a chi la pace gli viene donata da Dio eternamente. Pace è non truffare lo stato con l’evasione o con leggi applicate in maniera non veritiera, come nel caso della “104”.
Come cristiani non possiamo parlare di pace e covare vendetta, pensare ai nostri interessi, avere figli e figliastri. Pace significa spogliarci di una certa mentalità e donarci senza riserve. Se non ci liberiamo del tornaconto, dell’arrivismo, dell’essere statici godendoci le nostre comodità, come dice Papa Francesco siamo solamente cristiani da vetrina, se non ci liberiamo del sopraffare l’altro, dall’egoismo e non guardiamo come Francesco il Cristo povero e crocifisso a Favara non ci sarà mai Pace. Questo atteggiamento rivoluzionario che ci viene trasmesso dal poverello Francesco innanzitutto lo deve assumere chi ha un posto di responsabilità. Dobbiamo iniziare noi religiosi, preti, sindaco, amministrazione, famiglie, tutti coloro che sono chiamati a guidare delle persone. Pace è gridare le ingiustizie, interessarsi dei poveri, di coloro che perdono il lavoro, dei bambini del centro storico, degli immigrati sotto pagati, delle donne maltrattate, pace è gridare contro coloro che con il pretesto di fare soldi denigrano e degradano l’uomo costituendo luoghi dove regna la blasfemia, la pornografia e altro. Pace è urlare a squarciagola contro coloro che si stanno arricchendo sulle spalle degli immigrati grazie alle cosiddette comunità, non garantendo un servizio adeguato e usufruendo di finanziamenti per progetti mai iniziati. Pace è stare in mezzo alla gente testimoniando che la misura dell’amore vero è amare senza misura.
Sono consapevole che con le parole si deve rendere conto agli uomini ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio. Che possano giungere a voi questi auguri forse scomodi per poter fare della nostra Favara una vera città della pace dove regna la legalità e il senso della collettività. Che Francesco ci aiuti in questo arduo cammino”.
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