Il silenzio e l’indifferenza nostrani sul caso dei costi della politica non trovano giustificazione, perché non possono e non devono passare nell’indifferenza, come fatti che non ci appartengono. Rompo io il silenzio e l’indifferenza, sapendo che non mi farò nuovi amici e consapevole di sfidare la nostrana mentalità sbagliata sulla cosa pubblica, che se è pubblica non mi appartiene. Non appartiene a nessuno, quindi ognuno ne fa quello che gli pare.
Nessun partito, nessun deputato, nessun consigliere, ma soprattutto la città non ha voluto gridare a squarcia voce che la misura è colma.
Favara non può essere e, sicuramente, non è un paese cieco e sordo. Eppure se ne sta alla finestra e partecipa all’indignazione del vicino comune di Agrigento. Si sta accontentando. Gli basta guardare Agrigento e plaudire gli agrigentini che si ribellano, anziché scendere in piazza. Tanto per semplicemente parlane al bar o per strada che differenza fa Agrigento o Favara. Anzi, si evita il disturbo di corte e manifestazioni. E poi come si fa a gridare che le cose vanno male, senza farsi inimicizie, meglio il silenzio solidale per le “povere vittime” di ingiuste accuse.
La politica a Favara è personalismo, proprio un fatto personale; se si muove una critica non è definita politica ma questione personale. E quando qualcuno osa evidenziare un problema di opportunità o meglio di moralità, quella è una persona da non seguire, da non ascoltare.
In piazza si va per la festa della marmellata o del coca cola, che c’entra manifestare contro un sistema marcio.
Agrigento è diventato un caso nazionale, come Bari, Gravina, Canicattì o Brindisi. In altre città il popolo si è risvegliato. Noi no. Ecco, l’ho detto e sono contento di non essere stato zitto, perché la cosa pubblica è di tutti ed è anche mia e tua.
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