IL GOVERNO RENZI PENSA ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI NELLA NUOVA FRONTIERA DELLE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO. LA SICILIA, IN RITARDO, CORRE AI RIPARTI PUBBLICANDO LE LINEE GUIDA PER L’ACCREDITAMENTO DELLE APL TRA MILLE POLEMICHE. I 1750 OPERATORI RESTANO COL FUTURO APPESO AD UN FILO.
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Cambiano le regole del mercato del lavoro, mutano gli assetti gestionali per le politiche attive e passive del lavoro ed i sindacati potrebbero ritrovarsi centrali rispetto al cambiamento. Il nuovo scenario è quello introdotto dai primi decreti attuativi del Jobs Act, pubblicati in Gazzetta Ufficiale (Guri) e che sono immediatamente esecutivi. Da ieri, difatti, è in vigore il contratto a tutele crescenti così come la riforma degli ammortizzatori sociali e la rottamazione definitiva dell’articolo 18.
La nuova frontiera delle politiche attive potrebbe coincidere con un nuovo ruolo che il governo nazionale sarebbe pronto a ritagliare ai sindacati. Organizzazioni radicate nel territorio nazionale che potrebbero operare come vere e proprie agenzie per l’impiego. All’interno del nuovo assetto delle ‘politiche’attive’, che dovrebbe essere operativo entro gli inizi del maggio prossimo, ad un anno dall’avvio – non senza grandissime difficoltà – del piano Garanzia Giovani, il sindacato viene individuato dal Governo Renzi come struttura ‘principe’ destinata a prendere in carico i disoccupati e aiutarli a trovare un nuovo impiego, con la condizione che lo stesso sia assicurato in base ad un nuovo contratto a tutele crescenti. È il contratto a tempo indeterminato introdotto dal ‘Jobs act’ che si distingue da quello attuale nella parte relativa ai licenziamenti. Solo in pochissimi casi è previsto il reintegro nel posto di lavoro mentre in tutti gli altri si ricorrerà al risarcimento economico che cresce, da qui la formula ‘a tutele crescenti’, in base all’anzianità di servizio. A crescere, dunque, è l’importo del risarcimento.
Che funzioni o meno sul tessuto dell’economia italiana è tutto da verificare. Così come va misurato rispetto alla realtà del Mezzogiorno d’Italia e di regioni indietro con la strutturazione dei servizi per il lavoro come la Sicilia.
Va detto, però, che il governo nazionale va avanti spedito per la sua strada e guarda al modello olandese come possibile riferimento per la Penisola.
Il funzionamento in Olanda è semplice: ogni disoccupato riceve un sussidio e viene preso in carico da un centro pubblico per l’impiego, che poi lo affida a un’agenzia per il lavoro. Quest’ultima può anche essere privata e no-profit, e verrà remunerata dal centro per l’impiego con un voucher quasi tutto pagabile solo in caso di successo. Se il disoccupato rifiuta uno o più posti, l’agenzia lo segnala al centro per l’impiego che potrà ritirargli l’assistenza. Quando invece l’agenzia riesce a rimettere il disoccupato al lavoro, potrà incassare un voucher che varia in base alla difficoltà del caso. Ricollocare i lavoratori più specializzati può fruttare in media circa 950 euro, il voucher sui meno qualificati potrebbe valerne circa due mila e 500, mentre sui casi più difficili in assoluto non è impossibile arrivare a premi da sei mila euro all’agenzia per il lavoro. La competenza su queste scelte dovrebbe restare saldamente nelle mani dello Stato, con la riforma del federalismo in Costituzione attesa per il 2016, anche se, nel frattempo, condivisa con le Regioni.
Il punto di svolta è nella scelta dei criteri di selezione per accreditare le agenzie per l’impiego. Palazzo Chigi è orientato a richiedere un profilo che corrisponde da vicino, come già riferito, a quello dei grandi sindacati. Soggetti in possesso di una rete strutturata su tutto il territorio nazionale, vanta rapporti con le realtà produttive di ogni regione, ed ha una buona capacità di bilancio. Possono essere operatori ‘for profit’, come per esempio Manpower, ma anche privati ‘no profit’ come le parti sociali. È una straordinaria occasione per le organizzazioni sindacali di radicare la presenza sul territorio ed ‘impinguare’ il bilancio messo alle strette dai recenti tagli portentosi sul fondo per i patronati sindacali previsti nell’ultima Legge di stabilità che ne hanno indebolito l’economicità dei servizi erogati.
Non sarà facile per i sindacati accettare questo radicale cambiamento di approccio con il mondo dei lavoratori. Guadagnare sul ricollocamento del lavoratore licenziato significa cambiare in parte ruolo e funzioni. Un dibattito che nel mondo sindacale si è aperto e che lascia intravvedere negli organismi bilaterali la soluzione per gestire le politiche attive.
Rispetto al quadro che va sempre più delineandosi, come si prepara la Sicilia al radicale cambiamento delle regole nel mercato del lavoro? Non sono tutte le regioni italiane al passo con l’organizzazione del mercato e soprattutto non sono pronte ad assorbire, sic et simpliciter, il modello olandese.
Due sono le criticità che in Sicilia emergono dal richiamato possibile modello nazionale: le agenzie per il lavoro ed il ruolo dei sindacati.
Come potrebbe attuarsi in Sicilia un simile modello se non esiste ancora una strutturazione dei servizi per il lavoro come si deve. La realtà siciliana racconta, oggi, un mercato del lavoro che ha notevoli difficoltà nell’incrociare domanda e offerta di lavoro e che sconta ritardi mostruosi nell’organizzare una rete efficiente che possa supportare la somministrazione delle azioni previste dalle politiche attive del lavoro.
L’esperienza sul campo dei 65 Centri per l’Impiego, dei nove uffici provinciali del lavoro e dei nove ispettorati provinciali del lavoro che dialogano tra loro con difficoltà e non hanno l’interfaccia di una rete di agenzie per il lavoro che dovrebbero occuparsi anche di ricollocare i lavoratori, la dice lunga sulle condizioni precarie dell’Isola. L’esperimento, che possiamo definire fallimentare nel primo anno di vita, del piano Garanzia Giovani Sicilia raccoglie in sé l’enorme ritardo accumulato dalla Sicilia nella strutturazione dei servizi per il lavoro. Anche l’utilizzo con nove mesi di ritardo dei circa 1750 operatori ex Sportelli multifunzionali per le azioni di supporto all’attività dei Centri per l’Impiego a valere sul programma Garanzia Giovani è emblematico di uno stato confusionario nella politica del lavoro dell’attuale esecutivo alla Regione siciliana. Non è un caso che in due anni sono cambiati tre assessori al Lavoro che non hanno inciso affatto sulla riforma tanto attesa, troppo spesso annunciata e mai attuata.
Con notevole ritardo il Governo regionale, guidato dal presidente Rosario Crocetta e con al timone dell’assessorato al Lavoro, finalmente un nome importante e di peso proveniente dal nel mondo accademico, il professore Bruno Caruso, ha pubblicato, nei giorni scorsi, le “Linee Guida per l’accreditamento dei servizi per il lavoro della Regione Siciliana”.
La finalità perseguita è quella di realizzare un sistema integrato dei servizi per il lavoro, caratterizzato dalla cooperazione tra i centri per l’impiego della Regione e gli operatori accreditati iscritti nell’ Elenco regionale degli operatori accreditati nei servizi per il lavoro. È, quindi, attraverso l’accreditamento specialistico che l’amministrazione regionale in Sicilia intende attuare le raccomandazioni del Consiglio Europeo in relazione alla Youth Guarantee (Garanzia Giovani) e superare le criticità, più volte raccontate in altra parte del giornale, che, in materia di efficienza dei servizi per il lavoro, rappresentano specifica condizionalità ex ante della programmazione del Piano operativo Fondo sociale europeo Sicilia 2014-2020.
La disciplina per l’accreditamento, di natura sperimentale, ha durata triennale e gli ambiti di accreditamento dei servizi per il lavoro rivolti alla persona sono definiti in: servizi per il lavoro generali obbligatori (Sgo) e servizi per il lavoro specialistici facoltativi (Ssf).
I primi (Sgo) consistono nell’accoglienza e prima informazione, nell’orientamento di primo livello, nell’orientamento specialistico o di secondo livello e nell’incontro tra domanda e offerta e nell’accompagnamento al lavoro. I servizi per il lavoro specialistici (Ssf) riguardano le attività di tutorship e assistenza sulla persona in funzione della collocazione o della ricollocazione professionale e di ricerca di un’occupazione. Concernono l’orientamento mirato alla formazione non generalista e per percorsi di apprendimento non formale svolti in cooperazione con le imprese che cercano personale qualificato con l’obiettivo dell’assunzione. Inoltre, afferiscono all’inserimento lavorativo per i soggetti svantaggiati e persone disabili come previsto dal Regolamento (Ue) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014. Ed ancora, Ssf significa attività rivolta all’avviamento ad un’iniziativa imprenditoriale o all’avviamento ad un’esperienza di lavoro o di formazione in mobilità anche all’estero.
Riempite di contenuti le ‘Linee guida’ adesso la partita si sposta sui tempi per redigere l’Elenco regionale degli operatori accreditati per i servizi per il lavoro e sull’effettivo avvio, in sinergia tra sistema pubblico dei centri per l’impiego e Agenzie per il lavoro, delle attività previste dal piano della Garanzia Giovani e dal Piano operativo Fse 2014/2020.
La partita si gioca anche sul ruolo dei circa 1750 operatori, provenienti dall’esperienza degli ex Sportelli multifunzionali. Dall’esame dell’impianto costruito sui servizi per il lavoro generali obbligatori (Sgo), che rimangono in capo ai Centri per l’Impiego ed i servizi per il lavoro specialistici facoltativi (Ssf) aperti ad una vasta platea di soggetti pubblici e privati che difficilmente assorbirebbero (soprattutto soggetti come Cciaa, università, Istituti tecnici superiori, scuole pubbliche in genere, Comuni, patronati) una parte degli operatori. Soprattutto, emerge un dato di fondo: non per tutti ci sarà la possibilità di essere impiegati con un contratto precario. Il pensiero va ai cosiddetti ‘amministrativi’ che, da quanto pare emergere in questo momento, troverebbero grandi difficoltà ad un inserimento. Le tensione delle scorse settimane che hanno spinto i lavoratori a tornare in piazza e per le strade in segno di protesta è la conferma di una certa confusione che in questo momento complica le cose. Il Governo regionale dovrebbe chiarire ai lavoratori quali sono le prospettive. E dovrebbe farlo in maniera chiara per cancellare sul nascere inutili aspettative e concentrarsi, semmai, su altre possibili forme d’impiego per assorbire anche coloro che potrebbero restare fuori in questa fase. E poi c’è il ruolo dei sindacati.
A livello nazionale il Governo Renzi li ha individuati per prendere in carico i disoccupati e aiutarli a trovare un nuovo impiego, nel ruolo di Agenzie per il lavoro. In Sicilia già divampano le polemiche. Da un lato i sindacati maggiormente rappresentativi da qualche tempo hanno alzato il piede dall’acceleratore e ridotto la pressione sul Governo nelle vertenze che riguardano gli 8 mila lavoratori del sistema formativo regionale. Molti lavoratori sono pronti ad accusarli di aver fatto un gioco sporco. Tra i lavoratori c’è già chi rivolgendosi ai sindacati in genere usa l’espressione: ma che sei, l’amico del giaguaro?
Ed intanto, voci insistenti, raccontano di una accelerazione nella costituzione dell’ente bilaterale di settore tra le associazioni datoriali degli enti di formazione professionale e le organizzazioni sindacali di categoria.
Se dovesse essere vera tale indiscrezione, la risposta non potrebbe essere che quella di un prossimo accreditamento all’Elenco regionale degli operatori accreditati per i servizi per il lavoro, potendo rispondere all’articolo 2 lettera i) delle richiamate Linee Guida. La centralità dei sindacati è confermata dalla possibilità di accreditarsi sia come sindacato che come patronato (gestito dal sindacato), oltre che come Ente bilaterale. Da un lato, quindi, la tutela e salvaguardia dei lavoratori e dall’altro la gestione del servizio. La partita è aperta e, con ogni probabilità, ne vedremo delle belle.
1 commento
Modello olandese… nel senso che dovremmo imbrattare i nostri monumenti?