La Sicilia è una regione complicata, complessa e piena di contraddizioni, che ha grandi potenzialità ed eccellenze in molti campi ma che paga pesantemente i tanti paradossi che soffocano le possibilità di ripresa economico-produttiva e sociale.
La crisi che imperversa dal 2008 ha amplificato i difetti, mortificando la grande capacità dei siciliani di reagire alle difficoltà.
Oggi a pagare le scelte sbagliate del passato e l’appesantimento finanziario al limite del default sono i siciliani che si ritrovano a dover combattere per la difesa dei diritti della persona, per la tutela dei lavoratori, dei giovani, dei precari, delle fasce deboli della popolazione e dei pensionati. In Sicilia, il momento politico, economico e sociale è in grande evoluzione e per certi versi involuzione, non dando alcun punto di riferimento.
La disoccupazione è ai livelli di guardia ed le istituzioni a tutti i livelli hanno il dovere di compiere ogni sforzo possibile per meglio rispondere alle nuove sfide dell’Europa, del mercato del lavoro e dell’era della digitalizzazione che cambierà le abitudini dei cittadini.
Il mondo del lavoro siciliano paga pesantemente la crisi strutturale che ha falcidiato, negli ultimi anni, la capacità produttiva ed i livelli occupazionali, penalizzato da strozzature strutturali e contingenti che spesso, ne hanno ingessato, ogni progetto di rinascita.
Sono davvero tante le criticità che strozzano il tessuto economico, indebolendo la comunità isolana che registra i peggiori indicatori tra le regioni della Penisola.
Il quadro sul Sud tracciato dallo Svimez è allarmante, e conferma un divario sempre maggiore con il resto d’Italia. Se a ciò si aggiunge la spending review, che inciderà nel Mezzogiorno il doppio che al Nord, è chiaro che il rilancio del Meridione deve diventare prioritario.
Da una recente indagine dell’Istat emerge come la Sicilia sia la regione più povera d’Italia. Una famiglia su tre in Sicilia, il tasso si attesta intorno al 32 per cento del totale, è indigente, contro una media nazionale del 26 per cento.
Un triste primato che l’Isola condivide con la Calabria.
La Sicilia è anche la regione con più disoccupati d’Italia. La rilevazione dell’Istat su occupati e disoccupati nel terzo trimestre del 2014 non ammette dubbi.
Nell’isola a ottobre di quest’anno il tasso di disoccupazione è salito ad oltre il 21 per cento, con un incremento pari a 1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013. Numeri davvero preoccupanti se si pensa che lo stacco rispetto alla media nazionale (11,8 per cento) è di 10 punti percentuali in più e risulta più alto della media del Mezzogiorno che si attesta intorno al 19,6 per cento. Questo significa che i disoccupati sono ben oltre il milione.
Non va meglio per i giovani siciliani. Il tasso di disoccupazione dei giovani da 15 a 24 anni è schizzato nel 2013 a poco meno del 54 per cento e avrebbe sfiorato, secondo stime contenute nel 41° Report sull’economia siciliana elaborato dal ‘Diste Consulting’ per la Fondazione Curella di Palermo, il 60 per cento nel corso del 2014, mentre quello dei giovani fra 25 e 34 anni è salito al 32,5 per cento.
Alla Sicilia tocca anche il triste primato di giovani ‘Neet’ (Not in Education, Employment or Training). Rispetto al dato nazionale, dove la media dei giovani ‘drop out’ si attesta di poco sotto il 19 per cento, in Sicilia circa il 36 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora.
Altro aspetto drammatico è rappresentato dalla dispersione scolastica. Il 26 per cento dei giovani siciliani tra i 18 e i 24 non ha conseguito il diploma e può considerarsi fuori da qualunque circuito educativo, in quanto non frequenta né un percorso scolastico, né un percorso di formazione professionale. Si tratta del dato più alto registrato a livello nazionale.
È indispensabile individuare misure efficaci per il rilancio del Sud, a partire, per esempio, da quelle infrastrutturali, altro nodo debole del sistema che impedisce una valida programmazione economica in prospettiva futura. Le grandi opere infrastrutturali che avrebbero dovuto portare con sé anche l’alta velocità in Sicilia e in Calabria, oltre al potenziamento delle reti ferroviarie, stradali e portuali, stentano a decollare e si ripresenta prepotentemente sempre, tanto per cambiare, la ‘Questione Meridionale”. Un Sud tenuto a bagnomaria ed una Sicilia spogliata delle prerogative a cominciare dall’autonomia fiscale.
Non può esserci una ripresa in Italia se il Sud e la Sicilia continuano a restare spettatori o peggio ancora vittime di una politica comunitaria troppo spesso distratta. La questione immigrati testimonia come la Sicilia resti ancora troppo distante dai centri decisionali.
La Sicilia può farcela ad uscire dalle sabbie mobili cambiando passo. C’è tanto da fare e le sfide non mancano per contribuire a risalire la china. Solo facendo gioco di squadra sarà possibile lasciare un segno tangibile della capacità creativa nel trovare le giuste soluzioni per contribuire a migliorare la società siciliana e accompagnare i lavoratori, i disoccupati, i giovani, le donne e le fasce deboli della popolazione verso un futuro migliore.
E questa è la sfida a cui nessuno può sottrarsi e tutti devono sentire propria per contribuire collettivamente a restituire alla Sicilia il ruolo centrale nel processo di crescita economica del Mediterraneo.

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La Sicilia delle contraddizioni, tra crisi e isolamento, può farcela

1 commento
Complimenti è una analisi molto realistica che noi siciliani abbiamo il dovere di poter cambiare mandando a governare questa benedetta sicilia da persone competenti e che abbiano a cuore lo sviluppo della sicilia che molti ci invidiano e che noi non riusciamo ad apprezzarla