Gentilissimo direttore, a vedere la foto pubblicato sull’articolo della rimozione del cesso pubblico di Piazza Cavour, mi si è accesa nella mente un’altra immagine. Lei dice spesso nelle sue interviste impossibili con Guarino, veri capolavori, che “ u sonnu è testa ca camina”. Io non stavo dormendo, ma quella foto che riprende le corde di acciaio che sollevavano il cesso mi ha portato inesorabilmente ad altre immagini di corde. Ma quali?
Convinto di avere visto la stessa scena in un’occasione diversa mi sono messo a rovistare dentro la mia mente. Mi sono inflitto una tortura, ma dovevo liberarmi dell’ossessione. Cerco, cerco, cerco… Ecco dove ho visto l’altra immagine delle corde di acciaio che associo a quelle del cesso. Sono le corde che hanno buttato giù la statua di Saddam Hussein. Ho associato, senza volerlo, gli eventi.
La nostra città oggi si è liberata di un’immagine che è l’emblema di una politica parolaia, inconcludente, incapace di costruire e, nello stesso tempo, in grado di distruggere tutto e tutti. Si sono costruite le carriere politiche distruggendo l’altro.
Liberare la piazza da quel simbolo, me lo lasci dire, è di buon auspicio. Non vogliamo ricordare nulla dell’attuale esperienza politica.
Lettera firmata
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Carissimo lettore, le confermo che rispetterò la sua richiesta di anonimato, ma non è solo per questo che mi permetto di aggiungere qualcosa di mio, in una rubrica “Francamente” destinata esclusivamente ai lettori. Intanto, la ringrazio per i suoi apprezzamenti che spero di meritare e, come a volere esorcizzare il possibile ripetersi dei fatti, ricordo che il dopo Saddam non è stato un paradiso. Certamente, a Favara non sarà facile ad alcuno fare peggio di adesso, ma è bene parlarne per esorcizzare la mala sorte che quando ci si mette…
Franco Pullara
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