Carmelo Castronovo dirigente PD
Caro Leonardo nel tuo articolo hai trattato un argomento di notevole interesse per la nostra collettività, ma di difficile soluzione, ed io penso che ben vengano tutti i contributi che possano scavare e dare soluzioni su questo tema, tanto articolato quanto importante per la nostra crescita socio-economico-culturale-civile-politico.
Essendo stato stimolato dalle tue parole desidero solamente dare una opinione personale su un tema che ritengo essenziale per il nostro futuro, e contribuire a costruire una comunità di massa organizzata che abbia, nella convivenza civile, come suo principio primario lo sviluppo di sufficiente potere organizzativo per soddisfare gli interessi dei suoi singoli membri.
Convivenza civile vuol dire rispettare tutti le regole della società e un vecchio detto favarese, che definire saggio è poco, recita che chi ha compagni ha padroni (cu avi cumpagni avi patruna).
Vuole dire che già ad essere in due ciascuno deve darsi un confine per non invadere il territorio dei diritti dell’altro, la mia libertà finisce dove comincia la tua recita un altro adagio.
In una società le regole vengono scritte da chi è stato delegato a svolgere tale ruolo, e si applicano a tutti i componenti di questa organizzazione di donne e uomini e nessuno è esente dal rispettarle.
Ma darsi le regole non basta perché l’essere umano, pur essendo un animale dotato di intelligenza ha la tendenza, chissà se naturale, alla sopraffazione e all’anarchia.
Ma siccome come dicevamo l’uomo è un essere intelligente, per frenare questa sua tendenza al non rispetto delle sue stesse regole, insieme alle regole ha previsto una penalità per chi le trasgredisce e contemporaneamente si è dotato di apparati che devono farle rispettare.
In questo contesto si inserisce anche il famoso “senso civico” dei componenti di una società così organizzata.
Alla formazione e alla diffusione di questo “senso civico” contribuiscono tutti i cittadini nel suo insieme e più in particolare dovrebbero contribuire a diffondere questa cultura un innumerevole gruppo di cittadini comunque associati o singoli.
Al primo posto, di questa immaginaria scala, ovviamente va posta certamente la Pubblica Amministrazione, con tutto il suo apparato di Amministratori, Dirigenti, tecnici e impiegati a qualsiasi livello.
A seguire: la scuola, le chiese, i partiti, la stampa, le libere associazioni culturali, gli intellettuali di cui è composta ogni società, liberi professionisti, commercianti, artigiani e per ultimo ma non ultimi tutti i cittadini.
Ho voluto fare tutta questa premessa per un constatazione lapalissiana e cioè che una società nella sua essenza è il frutto di tutte queste componenti messe insieme e ciascuno contribuisce col suo apporto relativo nel bene ma anche nel male.
A parte le ovvie dipendenze esterne, (siamo una comunità, parte di uno Stato Italiano e del mondo occidentale e non) se Favara è quella che oggi tutti viviamo sul piano, economico, socio/istituzionale, ideologia/sistema di valori, concettuale, questa è sicuramente la risultante di tutte queste forze nessuna esclusa e, nel merito e nel demerito, tutti ne siamo responsabili. Finiamola tutti col cercare solo negli altri la responsabilità e in noi il merito, siamo tutti il risultato dell’insieme. Ciascuna componente contribuisce con la propria relatività e con la propria caratteristica al risultato finale che è questa nostra Favara.
Favara è spesso definita come un paese dalle tante contraddizioni, capace di raggiungere vette elevate e allo stesso tempo avere limiti molto preoccupanti, una comunità che ha dato lustro a uomini di alti valori socio-economici-intellettuali che ci contrappongono a miserie morali-economici-culturali.
Siamo una comunità dove il rispetto delle regole vale solo per gli altri, e noi ci sentiamo sempre perseguitati, ma nello stesso tempo abbiamo cittadini che nel silenzio più assoluto rispettano rigorosamente, ogni singola regola della nostra società.
Se il 60% dei cittadini favaresi non paga il servizio della nettezza urbana quale è il motivo? non credo che questi, come spesso sento dire, siano solo quelli che non hanno mezzi economici per farlo, anzi dietro a questi si nascondono spesso i soliti furbastri. Se il comune di Favara riscuote solo il 28% della sua capacità impositiva non è questa la conseguenza di una serie di inadempienze?
Da una parte la Pubblica Amministrazione con i suoi funzionari che non riescono a svolgere il loro ruolo e però dall’altra parte la pubblica opinione che pur considerandolo nefasto non pensa sia un proprio problema e quindi lo delega e se ne disinteressa anziché pretendere che paghino tutti, anzi sembra ci sia una tacita solidarietà verso chi non paga, con evidente autolesionismo.
Sull’occupazione abusiva del suolo pubblico siamo in pieno Far West senza nessun controllo preventivo e repressivo da parte di chi ne ha la competenza e l’obbligo, ma anche sull’assoluta indifferenza dei molti cittadini che passano e non si curano di loro e con i pochi che si limitano a parlarne nei bar, nei circoli e sui marciapiedi, ma il tutto finisce là.
Stendiamo un velo pietosissimo sul controllo del territorio inesistente dove nessuno cerca di metterci una pezza né dall’alto né dal basso dove tutti siamo trasgressori e al contempo vorremmo vivere in un territorio più regolato e rispettato a seconda a seconda di quale ruolo recitiamo in quel momento.
Che dire poi sul controllo della catena alimentare totalmente sconosciuta nella nostra città, che mette a rischio la nostra salute?
Ricordo bene quando, anni fa, un nostro giovane benemerito universitario concittadino, ne ricordo bene il cognome, ha portato alla ribalta della TV nazionale con “Striscia la notizia” il degrado dell’accumulo della spazzatura per le strade di Favara che metteva a rischio la salute dei suoi cittadini. Una minoranza ha plaudito alla intraprendenza i molti invece lo hanno criticato perché faceva vedere all’Italia la nostra condizione di inciviltà. Come se un fotografo che immortala un incidente ne fosse invece il responsabile.
Magari un commerciante si lamenta che un cliente per entrare in un negozio deve posteggiare la propria auto dovendo pagarne il posteggio e poi davanti all’ingresso posiziona di tutto e di più per non farlo sostare.
Abbiamo una via di grande flusso automobilistico che è a senso unico per tutta la sua lunghezza, ma in soli 20 metri invece è a doppio senso, il che costringe l’automobilista a percorrerla come se fosse a senso unico alternato a causa delle auto posteggiate in ambo i lati. Perché non si riesce a mettere un divieto di sosta in 20 metri di strada in ambedue le carreggiate? Non è critica a nessuno ma la constatazione di una mentalità.
Una simile contraddizione, che è il frutto di noi tutti, non si può risolvere solamente con lo spirito di iniziativa del singolo, appellandoci al buon senso, al rispetto delle regole con la sola iniziativa individuale.
Io sono convinto che non sia questa la strada, ma senza che mi voglia o sappia inventare nulla credo che la strada sia quella che partendo tutti da un minimo di autocritica, tutti insieme dobbiamo sapere mettere in ordine decrescente di responsabilità e di importanza l’elenco che mi sono permesso di scrivere sopra ovviamente aggiungendo o togliendo e quindi a cominciare da quelli che mettiamo per primi ma senza dimenticare quelli che seguono, fino all’ultimo anello della catena tutti e ripeto tutti dobbiamo cominciare a fare la nostra parte e ciascuno di noi deve essere portatore sano di crescita e nello stesso tempo deve saper indirizzare chi sia apatico o inosservante, la società ci appartiene ed è un bene che è di tutti e siccome è tale tutti dobbiamo custodirlo, conservarlo e farlo progredire, dobbiamo essere sinergia, ciascuno col suo apporto di qualità e quantità, ma nello stesso tempo dobbiamo pretendere di essere guidati e indirizzati da chi ne ha il ruolo, il nostro senso critico mettiamolo a disposizione di tutti per plaudire ma anche per pretendere.
Per fortuna siamo ancora in una democrazia partecipativa e non siamo organizzati in forma piramidale anche se ovviamente c’è chi ha maggiore responsabilità e chi meno ma nessuno ne è esente.
Il Carro trainato da un cavallo riesce ad andare avanti certamente ma un carro trainato da tanti cavalli corre.
Ciascuno faccia la sua parte sia contemporaneamente controllato e controllore, centro di diffusione socio-culturale ma nel contempo di discente per apprendere, ricettore e portatore di progresso e di civiltà.