Gioacchino Zarbo
Io sto con Don Marco Damanti.
Si è chiesto e si sta chiedendo troppo alla gente e, nello stesso tempo, sfugge alla classe politica il particolare fenomeno. Allora, io sto con Don Marco e anch’io desidero presentare il cittadino ai politici che conoscono solo durante la campagna elettorale, pronto e disponibile a partecipare alle manifestazioni pubbliche che si vogliono organizzare.
E’ giunto il tempo di dare voce al disagio di una larga fetta della nostra società. Si scrive acqua e si può leggere in tanti modi, disagio, disperazione per chi non può pagare i costi elevati, pessima gestione, problema mai risolto per i Comuni della fascia costiera della Provincia, gente che dal Dopoguerra si è arricchita a discapito della società civile, nel frattempo la sete è rimasta tale.
Io sto con Don Marco perché è vera la sua affermazione riferita al passato quando mancava il pane e mai l’acqua. Adesso, per molti mancano l’uno e l’altra.
Anzi, si usa la battuta per fare amaramente ridere che arriverà il giorno che ci faranno pagare anche l’aria. Noi siamo arrivati primi, perché paghiamo già l’aria quella che fa girare i contatori idrici ad ogni inizio di erogazione. E siccome ci metto sempre la faccio, dico che nella mia abitazione in Viale dei Pini a San Leone, prima dell’acqua e per buoni dieci minuti arriva aria.
Sto con Don Marco senza se e senza ma. E’ un dovere morale parlare dei costi dei servizi, farne la pesatura, mentre è immorale caricare a sacco d’ossa tutto sulla gente, caricare persino il rischio d’azienda. La mia storia di assessore “licenziato” racconta proprio la pesatura di un servizio pubblico, ho aperto il libro dei costi.
Siamo ormai al paradosso con la spazzatura che costa più del pane e con la rinuncia al servizio idrico perché non si è in grado di sostenerne i costi. Che cosa si pretende dalla gente?
E’ tempo di accedere il faro dell’attenzione sul fenomeno e io non sarò tra quelli che se ne starà alla finestra a guardare.