Santo Lombino Direttore scientifico del “Museo delle Spartenze“
Le note della Compagnia di Canto popolare favarese composta da Mimmo Pontillo strumenti a plettro, Nino Nobile mandolino, Mario Vasile percussioni, Paolo Alongi chitarra, Peppe Calabrese voce e chitarra, Maurizio Piscopo voce e fisarmonica hanno coinvolto l’intera platea del Teatro del Baglio di Villafrati, in uno spettacolo seguito con grande attenzione e con infiniti applausi e segni di ovazione da parte del pubblico numerosissimo e di tutti i sindaci presenti che ha raccolto cittadini e amministratori di tredici comuni dell’area geografico-culturale circostante Rocca Busambra.
Chitarre, mandolini, fisarmoniche, voci e percussioni hanno così accompagnato la nascita di un nuovo luogo di memoria, il “Museo delle Spartenze“, situato nella splendida cornice del Palazzo Filangeri di Villafrati, a 30 chilometri da Palermo. Con questo concerto, intitolato “Merica, Merica!“ come il libro e il cd curato da Salvatore Ferlita e Maurizio Piscopo per Salvatore Sciascia editore, la Compagnia ha dato inizio alle celebrazioni del suo cinquantesimo anno di attività artistica e culturale che li porterà in giro per l’Italia.
Nel nuovo museo ci sono bauli e lettere di chi si era stabilito nel New Jersey, le insegne dei social club formati dagli emigrati siciliani nelle città nordamericane a inizio Novecento, i manifesti delle Compagnie di navigazione che propagandavano il “sogno americano” per vendere biglietti di viaggio. E ci sono anche i giubbotti di salvataggio dei giorni nostri, le foto dei cadaveri allineati a Lampedusa nel tragico naufragio del 3 ottobre 2013, le bussole portate sui gommoni che attraversano carichi di disperati il Canale di Sicilia
Tutto questo ed altro ancora si può da oggi vedere in cinque sale che compongono il neonato “Museo delle spartenze“, voluto dalla giunta municipale guidata da Franco Agnello e dal Consiglio comunale per documentare e valorizzare l’esperienza migratoria degli abitanti di tredici paesi dell’entroterra palermitano: Corleone, Prizzi, Ventimiglia di Sicilia, Vicari, Baucina, Bolognetta, Campofelice di Fitalia, Cefalà Diana, Ciminna, Godrano, Marineo, Mezzojuso, oltre, naturalmente, a Villafrati.
Da questi comuni sin dall’ultimo ventennio dell’Ottocento sono partiti singoli e famiglie con sacchi e valige su bastimenti mai visti prima verso gli Stati Uniti, il Brasile, l’Argentina, il Venezuela, o la Tunisia a poche ore di viaggio. Un esodo ripreso dopo la seconda guerra mondiale con destinazione Italia settentrionale, Francia, Germania, o Svizzera, paese dove i villafratesi hanno costruito una colonia in quel di Losanna. Molte ragazze e ragazzi di Villafrati sono cresciuti con i loro nonni, in Sicilia, o sono dovuti diventare „invisibili“, nascondendosi nelle periferie delle città della civilissima Confederazione elvetica.
La mostra permanente, realizzata anche grazie al concorso di donazioni da parte di cittadini, si avvale delle installazioni artistiche di Domenico Giammanco e di Salvo La Barbera. Un consiglio di gestione e un comitato scientifico fisseranno gli indirizzi generali per le prossime attività.
Questa istituzione non è solo luogo dove trovare informazioni e immagini, ma anche contenitore di domande, risposte, problemi. Si ispira alla pratica della “Public History“, la storia fatta con il pubblico e per il pubblico, fuori dalle accademie, intrecciando storia e memoria collettiva. Vuole essere strumento di conoscenza e valorizzazione della memoria storica delle migrazioni, sede di laboratori didattici e centro propulsore di ricerche e di raccolta di documenti, per favorire la riflessione anche sulle cause e le conseguenze delle attuali partenze dei giovani verso il Nord e i Paesi europei e stimolare nello stesso tempo il confronto con le migrazioni contemporanee, che vedono arrivare in Sicilia persone che rischiano la vita fuggendo da carestie, guerre e persecuzioni.