Ho riletto in questi giorni un articolo che è stato pubblicato quasi venti anni fa e poiché da allora non è cambiato niente, se non in peggio, ho creduto opportuno riproporlo.
Ed ecco cosa era stato scritto nell’anno 2000.
Giuseppe Crapanzano
E ABELE?
Abbiamo aspettato apposta alcune settimane, prima di fare qualche riflessione sulla esecuzione di Rocco Barnabei, proprio per non farci vincere dall’ emozione ed esaminare la questione della pena di morte con la più serenità possibile.
E’ inutile dire, da subito, che noi non vogliamo il male di alcuno e quindi siamo fra coloro che sostengono il diritto di chiunque alla vita.
Detto questo, vediamo chi è Rocco Barnabei.
Rocco è il giustiziato n° 666 dal 1977 negli Stati Uniti; il n° 68 dall’inizio di quest’anno e il n° 6 in Virginia dal capodanno del 2000.
Nella cella della morte del carcere di Greensville, in Virginia, Derek Rocco Barnabei ha atteso l’ora fatale ( ore 21 del 14 settembre, in Italia ore 3 del mattino del 15 settembre), con la flebile speranza di un intervento della Corte Suprema ma con risultati nulli.
Ma perché Rocco è stato condannato a morte? E’ stato condannato e giustiziato perché è stato ritenuto colpevole di avere stuprato ed ucciso la sua fidanzata ( forse in compagnia di un altro).
In poche parole è stata applicata la legge del taglione: “ occhio per occhio, dente per dente” .
Ma è giusto?
Certo la cosa ha commosso il mondo intero e, a detta dei telegiornali, vi è stata una mobilitazione generale. Moltissimi hanno chiesto la grazia, compreso il Papa, Giovanni Paolo II, pur senza esito positivo.
Anche in Italia vi è stato un gran parlare su questo caso ma, ciò che sconcerta è l’assoluto silenzio del mondo intero sul condannato George Harris, giustiziato il 13 settembre, cioè un giorno prima di Rocco, o su Ricky McGinn, giustiziato il 27 settembre; per non parlare degli altri 65 casi del solo anno 2000, negli Stati Uniti e delle altre migliaia nel resto del mondo.
Qualche giorno prima dell’esecuzione di Rocco, in occasione dell’uccisione di un tabaccaio, avvenuta a seguito di una rapina subita, a quanti chiedevano la pena di morte per i criminali assassini, il prete del paese del morto ammazzato, ha detto: “ La pena di morte è la reazione emotiva di chi non vuole rassegnarsi”, per cui i figli, rassegnatisi subito, divulgarono immediatamente la notizia che, loro, avevano già perdonato.
Ritornando a Rocco tanti sono scesi in piazza mettendo in bella mostra la scritta: “ Salvate Caino “, ed a noi sembra anche giusto. Subito dopo, però, un dubbio ci assale. “ Ma ad Abele, chi ci pensa” ?
Che cosa ha fatto di male “Abele” per essere stato ucciso? La sola cattiveria di Caino, è una giusta causa, per la sua morte? Era forse “Abele” fra coloro che non avevano diritto alla vita, solo perché onesti, umili, normali cittadini che non facevano male a nessuno?
“Vita dura per i troppo buoni” recita un vecchio detto, “ e morte facile” aggiungeremmo noi.
Ma, anche qui il dubbio amletico ti assale : “To be or not to be”? (Essere o non essere) ? E’ giusto o non è giusto che tutto ciò accada? Fanno i Governi tutto il possibile per evitare che ciò avvenga?
“ That’s the question”. Questo è il problema.
Giuseppe Crapanzano