L’avvocato Giuseppe Scozzari ci offre un significativo e pratico contributo di chiarezza, in questi giorni di grande confusione, sulle conseguenze penali che possono derivare dalla inosservanza alle regole dettate dal DPCM del 9 marzo 2020 che dobbiamo rispettare tutti, semplici cittadini e aziende.
Avvocato Giuseppe Scozzari
“Dall’inizio di marzo sono state introdotte misure sempre più restrittive volte a ridurre la diffusione del Coronavirus.
La limitazione della libertà non può che avere un significativo impatto sulle abitudini quotidiane degli individui e, a seguito dell’entrata in vigore del DPCM del 9 marzo 2020, le misure limitative della libertà di circolazione si applicano all’intero territorio nazionale ed è quindi utile comprendere quali conseguenze penali possono trovare applicazione in caso di violazione.
Conseguenze penali per chi non ottempera:
– Art. 650 c.p – Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità: Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.
– “Chiunque non osserva” significa che tutti coloro che abbiano fatto rientro dalle zone rosse hanno l’obbligo di osservare le prescrizioni governative dando le comunicazioni di cui sopra.
Le ragioni d’igiene si riferiscono alla materia della sanità pubblica intesa in senso ampio, quindi rientra perfettamente il caso del Coronavirus, dovendosi ricomprendere in essa anche la difesa del territorio e la tutela dall’inquinamento.
– Art. 438 c.p. – Epidemia: Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte].
– La condotta che integra il reato consiste nel diffondere germi patogeni (virus, bacilli, protozoi, ecc.). in modo da causare un’epidemia. La diffusione dei germi patogeni può avvenire in qualunque modo, nel caso del Coronavirus avviene attraverso la saliva, anche con micro gocce. Si definisce epidemia, non una qualunque malattia infettiva contagiosa, ma soltanto quella suscettibile di diffondersi nella popolazione in misura tale da aggredire, in uno stesso contesto di tempo, un numero rilevante di persone con carattere di straordinarietà (ad peste, colera, vaiolo, ecc.). Il Coronavirus ha le caratteristiche del virus epidemiologico.
– Art. 452 c,p. Delitti colposi contro la salute pubblica: Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscano la “pena di morte”; 2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo; 3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione. Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.
– La norma in esame costituisce un rafforzamento della tutela della salute pubblica qualora insidiata, posta in pericolo o lesa (in conformità alle ipotesi tipiche delineate nelle norme richiamate dall’art. 452) da condotte contrarie a regole precauzionali.
– I delitti previsti dalla norma in esame sono puniti a titolo di colpa (richiedendosi a tal fine la violazione di una regola cautelare di origine sociale (colpa generica) o di una regola espressamente prevista da una fonte formale (colpa specifica) il cui scopo è rappresentato dalla prevenzione relativa alla verificazione di fatti del tipo di quelli previsti dagli articoli richiamati dalla norma in commento in relazione alle corrispondenti fattispecie dolose.
– Art. 483 c.p. – Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico: Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
– Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico consiste nel fatto di chi attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
– Si tratta di un’ipotesi peculiare in cui la formazione dell’atto è demandata sia al privato che al pubblico ufficiale: il primo attesta i fatti di cui l’atto è destinato a provare la verità mentre il secondo, che interviene nell’esercizio di una pubblica funzione di certificazione, attribuisce a tale atto la destinazione probatoria rivestendo della necessaria “forma legale” la dichiarazione del privato.
– L’attestazione deve avvenire in modo esplicito, attraverso una dichiarazione formale chiara ed inequivoca e deve consistere sempre in una dichiarazione di scienza, ossia in un enunciato a contenuto narrativo recante un’affermazione o negazione di verità.
– In particolare, l’attestazione deve concernere fatti, cioè avvenimenti storici o situazioni giuridiche incontroverse.
– Con riferimento a quanto sta accadendo in Italia in questi giorni le autodichiarazioni richieste al cittadino volte a dichiarare/dimostrare che si sta liberamente circolando nelle ipotesi consentite possono essere pacificamente ricondotte nel genus degli atti pubblici.
– Infatti, la fattispecie ha due ambiti di applicazione molto frequenti: quello delle falsità nelle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e di atto notorio, disciplinate dagli artt. 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), e quello delle false denunce di smarrimento.
–Art. 658 c.p. – Procurato allarme presso l’Autorità: “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 10 euro a 516 euro”.
-La contravvenzione prevista dall’art. 658 mira a proteggere la pubblica quiete e la tranquillità della collettività dai pregiudizi che possono conseguire all’annuncio di falsi allarmi portati a conoscenza dell’autorità o di altri enti o persone esercenti un pubblico servizio.
– L’elemento materiale del reato consiste nell’annuncio di notizie false concernenti un disastro, un infortunio o un pericolo inesistenti, che venga portato a conoscenza dell’autorità o di altri enti o persone esercenti un pubblico servizio.
– Con il termine annuncio si intende ogni comunicazione, effettuata con qualsiasi mezzo ed avente un contenuto certo e definito relativo ad un disastro, un infortunio od un pericolo.
L’annuncio potrà essere portato a conoscenza dell’autorità con qualsiasi mezzo ed è irrilevante, ai fini dell’integrazione del reato, che sia stata controllata la fondatezza della notizia o che l’allarme si sia effettivamente diffuso.
– Deve trattarsi di un annuncio relativo ad eventi inesistenti e tale da suscitare allarme in vista della predisposizione di misure idonee a far fronte all’evento prospettato. Ciò implica che l’annuncio abbia suscitato nell’autorità una giustificata apprensione o abbia determinato un’attività d’investigazione finalizzata all’adozione di rimedi provvedimenti idonei per fronteggiare i danni o i pericoli annunciati. Il reato qui in esame potrebbe essere integrato dalla diffusione di inesistenti pericoli e/o false notizie riguardanti la diffusione o la potenziale diffusione del Coronavirus.
Il DPCM 9.3.2020 ha esteso l’applicazione del DPCM 8.3.2020 a tutto il territorio nazionale. Il decreto non vieta gli spostamenti (fatta eccezione per i soggetti in quarantena), invita a limitarli allo stretto necessario e per bisogni effettivi, testualmente se motivati da “comprovate ragioni lavorative”.
Con riferimento alle aziende il governo invita le stesse a far si che i propri dipendenti possano, nei limiti dell’attività produttiva, usufruire dei periodi di congedo ordinario e ferie. Si tratta di una misura di contenimento del personale presente in azienda. Va privilegiato il lavoro da remoto c.d. smart working.
Ovviamente rimane in capo al datore di lavoro la responsabilità sulla sicurezza dei propri lavoratori. Quindi le “comprovate ragioni lavorative” devono essere sostanziali, non limitarsi alla strumentale autocertificazione di cui oltre, e solo se non è possibile lo smart working.
Le aziende quindi concretamente devono attuare nella massima estensione il c.d. principio di precauzione, predisponendo una nota in cui sono contenute le mansioni e le concrete attività che il dipende andrà a volgere e l’impossibilità a svolgerle da remoto. Tale nota costituisce idonea giustificazione in caso di controllo ad opera delle autorità di polizia.
Non occorre fermare l’attività produttiva, considerato che il decreto non la prevede, l’eventuale blocco comporterebbe il pagamento delle retribuzioni ai lavoratori”.