“Se non tuteliamo e difendiamo ciò che ci appartiene, siamo condannati, nel giro di pochi decenni, all’oblio e alla dimenticanza. E oblio sta per morte di una comunità”.
A parlare dott. Giuseppe Seminerio, studioso di Scienze dell’Antichità presso l’Università degli Studi di Palermo e dottorando presso l’Accademia Italiana di Atene, che spiega il grandissimo valore artistico e culturale che rappresentava lo stemma della Torre del Salto d’Angiò, trafugata poco tempo fa. Nessuno – a quanto pare ha visto nulla – mentre la comunità nel totale silenzio, ha perso uno dei reperti storici più importanti.
“Imponente e categorica sorge l’indignazione nell’apprendere del furto perpetrato ai danni della monumentale Torre del Salto, sita nella contrada Muxarello, in Aragona. Quella meravigliosa struttura – commenta lo studioso – nelle settimane precedenti è stata vittima, ancora una volta, di una spoliazione, di un gravissimo furto che questa volta ci ha privati del pregevolissimo blasone in alabastro dei Pujades, famiglia di mercanti catalani che, giunti in Sicilia, ottennero dalla corona spagnola i titoli e i privilegi della nobiltà feudale”.
“E’ sconvolgente apprendere che i ladri, indubbiamente manovalanza di intenditori di antichità e arte, abbiano avuto tutto il tempo necessario a metter su un ponteggio ligneo che ha permesso loro di raggiungere facilmente il pregevole manufatto senza il timore di essere visti”.
“Già, decenni addietro – racconta lo studioso – la Torre era stata privata delle due colonnine, sempre in alabastro, reggenti gli archi delle due coppie di bifore. Furto che non può affatto meravigliarci o stupirci, dal momento che le condizioni di abbandono in cui versa la struttura sono chiaramente note a tutti, in primis alle istituzioni competenti che avrebbero il compito di vigilare e tutelare”.
“Dimentichiamo che quella Torre, da noi tutti conosciuta, è una importante reliquia di antichità precedente alla stessa fondazione di Aragona. Dimentichiamo, o ci è più agevole dimenticarlo, che quella Torre è un esempio raro di casale fortificato, alla cui valenza artistica se ne aggiunge una, non meno rilevante, di interesse storico – culturale e paesaggistico; dimentichiamo che quella struttura, la cui torre risale al XIV sec., inglobata poi nella masseria “Morreale” edificata alla fine del XVIII sec. , rappresenta un importante ponte con un passato feudale, dal quale comprendiamo le nostre origini”.
“Il vuoto lasciato da quello stemma, prima che essere una grave ferita da un punto di vista storico e artistico, è primariamente un vuoto culturale di comunità, che perde un simbolo, un elemento di sua propria appartenenza, attraverso il quale poter ricercare l’antico, al fine di ritrovarsi in quella storia di cui siamo figli”.
“Senza reperti, senza monumenti, senza arte – conclude il dott. Seminerio – una comunità è destinata a sgretolarsi, a sfaldarsi, ad annientarsi. La conoscenza delle nostre radici, ottenuta attraverso la consapevolezza delle bellezze che ci circondano, ci permette di scoprirci nella nostra identità”.
“Ecco cos’è la Cultura: ritornare al passato, ripercorrere la storia per poi tornare al presente e migliorarlo. Adesso, non ci tocca che attendere, nella nostra consueta e pacifica indifferente, che la torre crolli su se stessa da qui a poco tempo”.