di Giuseppe Maurizio Piscopo
Giovanna Albergamo è stata la mia maestra.
Ho studiato a casa sua, ricordo che un giorno stavo mettendo le mani dentro una lavatrice ballerina che si muoveva per casa e lei mi ha fermato appena in tempo.
E poi la scuola in campagna nella contrada dopo l’Itria chiamata ai “Cani”, un giorno sono stato morso da un cane. Dovevo essere un bambino ribelle, vivace, curioso di sapere, di vedere, di scoprire il mondo. Ricordo, che per qualche anno ho ascoltato gli insegnamenti di Giovanna che era sempre dolce e attenta, una seconda mamma. I suoi consigli mi hanno aiutato nella vita.
Lei ha sempre creduto in me, mi ha incoraggiato. Ci siamo sentiti tutti gli anni, la figlia Marcella si è sposata con un mio vecchio amico con il quale ho dovuto spesso fare i conti, perché si chiama come me, fa il maestro come e scrive come me… Ogni tanto qualcuno si è lamentato per gli articoli di Giuseppe al Giornale di Sicilia e a lui hanno fatto i complimenti per le canzoni sui personaggi favaresi, complimenti che spettavano a me. Soprattutto facevano confusione le persone anziane che vivono al nord, quando sentono parlare di Favara si commuovono e nei loro occhi si legge una vena di malinconia per la Piazza Cavour, per la festa di San Giuseppe o per il giro delle chiese che si fa il giovedì Santo. Stare lontani nelle città del Nord nei giorni di festa mette tanta tristezza.
Non ci sono parole per descrivere quello che si prova dentro il proprio cuore quando si vive lontani e il cielo è sempre cupo.
La maestra Giovanna ci ha lasciato pochi giorni fa, il 3 gennaio. Ha iniziato ad insegnare a Milano dopo il diploma magistrale conseguito presso l’Istituto Granata di Agrigento e in questo collegio ha abitato per 4 anni per frequentare e non viaggiare da Favara ogni santo giorno. Dopo Milano per scendere in Sicilia ha fatto un nuovo concorso, nel pieno di una gravidanza, vincendolo. Prima di insegnare a Favara dove ha concluso la carriera in via Agrigento ha insegnato a Realmonte, Ravanusa e Canicattì.
È cresciuta nello storico caffè Albergamo in via Umberto chiamata dai favaresi “a strata longa”. Il papà don Cecè è stato tra i pionieri della pasticceria locale insieme ai cugini Butticè e Amico. Oltre ai dolci di mandorla e pistacchio e l’agnello pasquale in quel caffè la specialità era la pasta Elena e anche la cassata siciliana inviata in tutto il mondo in colorate latte a famiglie favaresi emigrate anche in America. E durante i mesi caldi di produzione insieme alla sorella Franca, che aveva anche una buona vena pasticcera, veniva reclutata dai genitori per un aiuto. Spesso nel bar aiutava il papà nell’ angolo storico del botteghino del totocalcio e per quegli anni era una forma di emancipazione vedere due ragazze dietro al bancone in un bar frequentato da tanti giovani, molti dei quali studenti anche universitari. Sopra il bar c’era un salone utilizzato per i banchetti. Sono state centinaia le coppie favaresi che hanno festeggiato il matrimonio nella sala di via Umberto anche con serate da ballo nelle sere antecedenti le nozze. In quella stessa strada via Umberto al n. 238 mio padre aveva il botteghino, la ricevitoria del lotto, luogo di memoria e di illusioni dove si smorfiavano i sogni e ogni fatto “curioso” che accadeva in città. Ancora oggi conosco a memoria i numeri della smorfia che si fermano a 90 che rappresenta lo spavento… Da Don Cecè nel pomeriggio noi bambini vedevamo un’ora di Tv in bianco e nero. E nella stessa strada lo scrittore Leonardo Sciascia incontrava la fidanzata Maria Andronico.
Giovanna Albergamo si è sposata con Lillo Lentini, giovane insegnante con la passione della musica con la sua inseparabile fisarmonica nel gruppo Val D Akragas di Agrigento, poi diventato noto commerciante di prodotti di ferramenta ed elettrodomestici in via Roma. Lillo Lentini è ancora ricordato da tantissime persone perché è stato tra i fondatori della storica emittente Radio Favara 101, tra le prime radio libere in Sicilia. Giovanna Albergamo amava il mare. Dal 1969 e fino a pochi mesi dalla scomparsa (ad ottobre scorso ha fatto l’ultimo bagno), ha abitato a pochi metri dalla spiaggia di Punta Grande, lido oggi famoso per la Scala dei Turchi.
Dopo il pensionamento ha fatto la nonna a tempo pieno ed ha curato i suoi hobby: le piante, la lettura e l’immancabile Settimana Enigmistica, i cui cruciverba scandivano le fasi della giornata insieme all’inseparabile sigaretta, “vizio” combattuto ogni giorno dalle 3 figlie. Marcella mi ha riferito che qualche volta si ricordava di me…
“Spesso ci parlava del suo alunno Peppe Piscopo, poi in arte Maurizio- ricordano le figlie Angela, Maricò e Marcella- con tanto piacere. Ci parlava di un bambino curioso che entrava nel bar e curiosava nel laboratorio e per non farsi scoprire si metteva un cappello abbassato fino al naso. Questo bambino spesso si intratteneva con i più grandi ed ascoltava i discorsi della gente seduti al bar a pochi passi dal botteghino del lotto gestito dal papà in via Umberto. Poi questo bambino divenne alunno di nostra mamma nella scuola sussidiaria e da lì è nato un rapporto duraturo nel tempo. Non c’era volta che una telefonata non terminasse con la frase Salutatemi la mia maestra”.
Ed io la voglio ricordare con affetto e gratitudine. Grazie Maestra Giovanna il lavoro dei maestri è un tesoro inestimabile… Riflettendoci su, in fondo la nostra vita è solo un sogno fatto in Sicilia.