L’avevamo annunciato con notevole anticipo: i diciotto commissari straordinari del servizio sanitario pubblico siciliano saranno prorogati. Lo avevamo annunciato addirittura il 29 settembre scorso, in questo editoriale, spiegandone anche le ragioni.
Adesso è accaduto: c’è la proroga dei commissari in carica sino al 31 gennaio 2024.
Eppure la presidenza della regione, da palazzo d’Orleans, in data 11 ottobre, aveva ufficialmente comunicato: “ll governo procederà alla nomina dei manager delle aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche siciliane entro la scadenza degli attuali mandati”.
Non solo. Aveva persino aggiunto: “il governo regionale rispetterà i tempi per procedere alle nomine dei direttori generali, secondo le norme di legge, affinché siano al più presto nel pieno delle loro funzioni, così da poter dare, nell’ampio arco temporale garantito dal loro mandato, un contributo di efficienza e visione strategica per il rilancio della sanità”.
Noi non ci avevamo creduto: per le ragioni evidenziate nell’editoriale del 29 settembre, ma anche e soprattutto perché l’accordo sulla spartizione non è facile e rischia di mettere a repentaglio la tanta carne sul fuoco e in primis la legge di stabilità, sulla quale il percorso dell’ accordo è già irto di ostacoli.
Niente da fare dunque per la nomina dei nuovi 18 direttori generali del servizio sanitario pubblico siciliano.
In pratica, dovevano essere nominati in via ordinaria i vertici strategici delle 9 Aziende Sanitarie Provinciali, delle 3 aziende ospedaliere (Villa Sofia-Cervello a Palermo, Papardo a Messina e Cannizzaro a Catania), delle 2 Aziende di Rilievo Nazionale ed Alta Specializzazione (Garibaldi di Catania e Civico di Palermo), dei 3 Policlinici (Palermo, Catania e Messina) e dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Bonino Puleio di Messina. Sono stati invece prorogati i commissari straordinari attualmente in carica e già precedentemente prorogati.
C’è il rischio che he vada a finire come i commissari straordinari delle province regionali (oggi liberi consorzi comunali e città metropolitane)?
Nelle ex province, non si vedono organi elettivi -a prescindere se l’elezione debba essere diretta o di secondo grado- dal lontanissimo 18 giugno 2013: più di 20 anni di commissariamenti straordinari.
Come dire: la straordinarietà è la migliore ordinarietà! Cosa che ha fatto incavolare la Corte Costituzionale, ma che non ha impedito di far fare spallucce al governo regionale e alla sua maggioranza sempre più litigiosa ma sempre più pronta nei momenti di bisogno.
La motivazione ufficiale dell’ulteriore proroga dei commissari straordinari della sanità pubblica è stata quella da noi ventilata nell’editoriale del 29 settembre e poi timidamente avanzata in data 17 ottobre dal presidente dell’ARS Gaetano Galvagno, il quale ha fatto sommessamente osservare che, prima di fare la nomina dei nuovi direttori generali, “sarebbe forse più prudente attendere la conclusione delle selezioni per i direttori sanitari e amministrativi”.
Ma la motivazione reale è quella del mancato accordo lottizzatorio. Perché le selezioni per i direttori amministrativi e sanitari potevano e possono essere velocizzate.
Peraltro l’accordo, oltre a riguardare la scelta e il posizionamento dei direttori generali, ingloba anche le nomine e le allocazioni dei direttori amministrativi e sanitari.
Vero è infatti che questi ultimi sono nominati dai direttori generali, ma è vero anche che la scelta a cura dei direttori generali è scelta obbligata, in quanto facente parte della prassi del previo accordo politico complessivo che è alla base dell’individuazione dei tre nominativi di ciascuna direzione strategica (direttore generale, amministrativo e sanitario).
Ma tant’è.
Non che la nomina dei nuovi direttori generali, al posto dei commissari straordinari, sia il toccasana per i gravi problemi della salute pubblica isolana. Del resto, alla fine i nomi saranno sempre quelli: un paio in più, un paio in meno; in un’ asp o in un’arnas piuttosto che in quelle di prima…
Però, la situazione creatasi conferma a tout le mond che la sanità pubblica è davvero in mano alla politica.
E, come tutti sappiamo, l’incremento e la distribuzione fattuale dei dirigenti medici nelle unità operative ospedaliere va fatta con razionalità e senza interessi politici.
Come tutti sappiamo, le liste d’attesa non si sfoltiscono per decreto né gli ospedali di provincia si salvano con direttive assessoriali, le quali magari stabiliscono di assegnare i medici a questi piccoli ospedali (specialmente nell’area di emergenza-urgenza) prima che a quelli delle città.
Anche se nella realtà l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica dell’ospedale Barone Lombardo di Canicattì resta chiuso, mentre potrebbe aprire con l’assegnazione di appena un altro -solo uno- dirigente medico. Anche se nella realtà il reparto di Medicina e Chirurgia dell’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia rischia di chiudere, per gli stessi motivi, sancendo eventualmente la fine dell’intera struttura.