Gaetano Scorsone
Con la solenne concelebrazione eucaristica svoltasi in Piazza Cavour alle 20.30 di domenica scorsa, si sono conclusi i festeggiamenti in onore di San Giuseppe.
A presiedere la Messa cittadina l’Arciprete don Giuseppe D’Oriente, affiancato da don Diego Acquisto, don Gianni Gramagnuolo, don Michele Termine, don Antonio Cipolla, don Calogero Lo Bello, Fra’ Salvatore Di Bartolo, dai Diaconi Calogero Di Pasquale e Mario Chiara e dal neo Accolito Salvatore Sutera Sardo.
Secondo un’impostazione organizzativa già da qualche anno adottata, il programma ha puntato più sulla esaltazione delle virtuose realtà locali che, giornalmente operando nei più diversi campi delle attività produttive, culturali, sportive e del volontariato, offrono positivi esempi di quell’impegno e di quella laboriosità di cui è capace la “gens fabariensis”.
Per i nostalgici di un lontano ed ormai anacronistico passato ovvero per coloro che si identificano o, per meglio dire, identificano la Festa di San Giuseppe nella classica domanda “Cu veni pi san Giseppi?”, probabilmente è stata una ennesima delusione, così come per coloro che auspicano sempre nuovi eventi e iniziative ma che si perdono cammin facendo perché specialisti del motto “Armiamoci e Partite!”. Per quanti, invece, puntano sulle cose concrete non perdendo mai di vista lo stato di sofferenza che, purtroppo, continua ad interessare un non indifferente numero di famiglie cittadine il risultato è stato positivo, forse perfettibile, come ogni cosa, ma certamente positivo e quest’anno ancora di più.
La mobilitazione delle diverse comunità parrocchiali condotte in pellegrinaggio a San Giuseppe dai propri presbiteri ha certamente conferito un significativo valore aggiunto in termini di rafforzamento di un concetto di comunità che deve essere inteso come il fertile terreno di coltura in cui impiantare condivisi valori e principi per un reale processo di crescita e sviluppo.
Nelle messe serali da giovedì 17 a sabato 26 agosto si sono, infatti, alternati quasi tutti i presbiteri cittadini ed ognuno di loro, con la loro efficace azione pastorale, ponendo l’accento sulle diverse problematiche e sui mali che attanagliano la nostra comunità, hanno offerto stimolanti spunti di riflessione e più che accorati richiami all’unità ed all’impegno. La collocazione nella Sala Consiliare Falcone-Borsellino della maxi tela dell’Accademia Comunale Arte, Cultura e Legalità che gli Allievi del Maestro Vincenzo Patti hanno dedicato all’amore per la Repubblica in occasione della passata edizione della Legalità ha rappresentato un ulteriore ufficiale richiamo alle responsabilità ed al servizio che tutti dobbiamo sentire di voler offrire in dono alla nostra città a salvaguardia del Bene Comune ovvero delle garanzie di solidale rispetto dei più deboli e dei più bisognosi di attenzioni e cure.
La bellissima e coreografica testimonianza di alcune delle numerose Associazioni sportive cittadine che hanno portato in Piazza Cavour i valori dello sport affidandoli a quei gioiosi ed atletici ambasciatori che sono i nostri figli e/o i nostri nipoti, nonché il giusto riconoscimento del valore delle nostre tradizioni e delle nostre radici storiche attraverso la presentazione di canti, poesie e persino video sul nostro folklore e sui nostri usi e costumi, hanno contribuito a rafforzare la volontà di un rinnovamento capace di coniugare l’insegnamento del nostro passato con le positive potenzialità di un rivisitato presente.
Anche don Giuseppe D’Oriente, Arciprete di Favara, nell’omelia della solenne celebrazione domenicale ha sottolineato che mai come in questo momento bisogna tutti adoperarsi affinché si superino i motivi di divisione o, peggio, di illecite speculazioni perché finalmente siano cancellate mortificanti situazioni di soprusi, prepotenze o discriminazioni e “supirchiarii” vere o presunte, per ritrovarsi gli uni al fianco degli altri in una nuova comunità da tutti intesa come una famiglia cittadina in cui ognuno è dedito all’impegno ed alla testimonianza. E visto che i termini dialettali, talora, rendono più efficacemente i contorni di un progetto o di un proposito, che tutti si comprenda, in maniera definitiva, di dire basta alle chiacchere “ammatula” per concentrarsi affinché dalla prossima vendemmia derivi un buon vino con cui brindare ad un più roseo futuro.