Valentina Piscopo
23 maggio 1992, alle ore 17 e 56 minuti e 32 secondi. Autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo, una carica di 572 chili di esplosivo faceva saltare in aria la Fiat Croma blindata sulla quale viaggiava il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo. A morire anche alcuni membri della scorta, gli angeli custodi del giudice Falcone, gli agenti della Polizia di Stato Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Sono gli anni delle stragi programmate, del boss Totò Riina e delle riunioni, ristrettissime, della “Commissione regionale” di Cosa nostra nelle quali si decideva chi ammazzare perché scomodo alla mafia.
Così, Palermo divenne testimone insanguinata ed inerme dei terribili attentati mafiosi che per vent’anni e, quasi sempre d’estate, la resero protagonista di una delle pagine più buie della storia d’Italia. Caddero sotto i colpi della mafia, il commissario di poliziaBoris Giuliano, il giornalista Mario Francese, il candidato a giudice istruttore di Palermo Cesare Terranova, il presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella, il procuratore Gaetano Costa, il segretario regionale del PCI Pio La Torre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa , il giudice istruttore Rocco Chinnici e molti altri ancora. La mafia esisteva e giustiziava, nutrendosi e rafforzandosi della paura e dell’omertà degli uomini.
Ma “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”, diceva Giovanni Falcone. Grazie al maxi-processo che condusse insieme al suo grande amico e collega Paolo Borsellino, i palermitani e gli italiani tutti, scoprirono che la mafia non era intoccabile. Vennero, così, arrestati numerosi membri di Cosa nostra e condannati a pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione. Ma questo duro colpo non poteva rimanere impunito. Conclusosi il maxiprocesso, Cosa Nostra sentì la necessità di prendersi una rivincita sullo Stato per le pesanti condanne subite. Siamo nel pieno delle stragi del 1992-1993. Le vittime più note furono proprio i giudici istruttori del maxi-processo Falcone e Borsellino. Ventidue anni dopo, l’Italia e in particolar modo Palermo, ricorda la Strage di Capaci, con la Nave della Legalità in arrivo da Civitavecchia, accolta dai numerosi studenti di ogni ordine e grado.Seppur giovane, nel corso degli anni ho capito che per proteggerci dal male del mondo è necessario, soprattutto, qualcuno che ci insegni a riconoscerlo. E sono stati proprio loro, Giuliano, Terranova, La Torre, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino con la loro forza, con il coraggio, con le loro azioni concrete ad essere i nostri migliori insegnanti.
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