Nella Tenda del padre Abramo, una struttura francescana a Favara, sono passati negli ultimi quattro anni almeno 300 migranti senza costi per lo Stato. Nemmeno un centesimo di euro.
Per loro chiedono ospitalità la Prefettura, la Caritas e altri Enti e i francescani li accolgono. La stragrande maggioranza è di migranti prima ospitati in strutture di accoglienza fino al raggiungimento della maggiore età. A 18 anni e un giorno, fuori sovvenzione pubblica, devono abbandonare le comunità di accoglienza e l’alternativa alla strada è il convento francescano di Favara.
I frati li accolgono nella loro famiglia e cercano di inserirli nel tessuto sociale, insegnando loro un mestiere, in modo da essere indipendenti e autosufficienti e in grado di lasciare la Tenda del Padre Abramo per fare posto ad altri bisognosi di un tetto.
Nel giardino del convento i frati insegnano ai migranti il mestiere di agricoltore, che nel territorio costituisce la maggiore possibilità di trovare lavoro. Imparano a potare la vite, ad alzare un recinto, a coltivare l’orto. E non solo. Imparano a cucinare e si adottano nella piccola manutenzione dell’immobile, ché all’interno del convento tutti fanno tutto.
I migranti percepiscono che dalla partenza dai loro Paesi d’origine sono diventati, in varie fasi, oggetto di business e finalmente sono arrivati in un luogo che li vede come simili, uomini rispettati come tali.
Il nostro racconto poteva a questo punto chiudersi, ma un fuori programma nella visita ai migranti ospiti del Convento mi convince a continuare. Fra Giuseppe mi sta accompagnando alla macchina quando una donna con una bambina di pochi anni si avvicina al frate e gli dice che “sono andata in Comune per avere qualcosa da mangiare per la mia piccola e mi hanno mandata da fra Giuseppe per essere aiutata. Fra Giuseppe è lei?”
Montagne di soldi pubblici spesi male, migranti diventati un business, mentre non ci sono risorse finanziarie per le povere famiglie locali, qualcosa non quadra.