Sin da bambino disegnava ovunque, anche se la mamma – sorridendo come solo si può con un figlio vivace – continuava a rimproverarlo. Con la penna tratteggiava figure sui piatti e con i colori sui bicchieri e su qualsiasi altra superficie dove potesse esprimere tutta la sua inesauribile fantasia. Era così Pino Fiore. E rimase così anche da grande, desideroso di assecondare continuamente la sua vocazione artistica, come quando in un corridoio del Comune, aspettando che il fratello finisse di parlare con un conoscente, senza farsene accorgere incise con un piccolo chiodo un perfetto profilo di rondine su un muro – anche se quella era una parete del Municipio – così che quando gli altri poi si incamminarono per uscire, stupefatti, non credettero ai loro occhi, tanto sembrava che una rondine avesse attraversato quel muro. Imprevedibile, un vero artista. Pino Fiore nasce a Sant’Angelo Muxaro il 20 giugno del 1951 ma già pochi anni dopo (nel 1956) si trasferisce con la sua famiglia nella vicina Santa Elisabetta, paese dell’entroterra agrigentino in cui risiederà e dove sboccerà la sua arte. Sin da subito esprime una innata versatilità per tutto ciò che riguardasse colori, sfumature e creatività, tanto da frequentare dopo la licenza media il prestigioso Istituto d’Arte di Sciacca, dove nel ’71 conseguirà il diploma di Maestro d’arte in “Decorazione pittorica”. Gli studi che compie gli permettono d’affinare tecniche e conoscenze dottrinali che però sente ancora abbozzate e non del tutto proprie, anche se nel 1976 a una sua mostra personale – che per una fortunata serie di coincidenze venne visitata anche da Renato Guttuso – il maestro bagherese a proposito delle opere di Pino Fiore disse essere interessanti anche se il ragazzo deve ancora trovare la giusta direzione, considerato che dalle sue opere ne vedo diverse.
Fu così quindi che nel 1983 conquista un ulteriore titolo conseguendo il diploma di scenografo presso l’Accademia di Belle Arti “Michelangelo” di Agrigento. Affronta, forte della conoscenza acquisita, l’esperienza dell’insegnamento che prima lo allontana dal suo amato paese portandolo a Gallarate, ma che poi gli permette, appena un anno dopo, di poter insegnare Storia dell’arte (una delle materie da lui più amate) presso il Liceo Artistico di Agrigento, in tal modo facendolo ritornare nei luoghi natii che non lascerà più. In quel periodo la sua vita fu caratterizzata da una vivacissima attività di sperimentazione artistica che lo vide operare su più fronti. Fu infatti restauratore, dopo che il parroco di Santa Elisabetta gli affida il delicato incarico – portato tra l’altro a termine splendidamente – di ridare l’originaria luce ai colori di un affresco murale (un ex voto dell’ottocento, che però potrebbe anche essere più antico) conservato presso la locale chiesa di S. Antonio, opera che immortala la Madonna delle Grazie ma che a Santa Elisabetta è da sempre conosciuta come ‘A Madonna di li putieddri.