Giuseppe Maurizio Piscopo
Medico ortopedico con la stoffa dello scrittore, Alessandro Russo è autore di ‘Angelo Massimino, una vita per (il) Catania’ Geo Ed. 2007 e coautore di ‘Tutto il Catania minuto per minuto, la storia, la geografia, la letteratura e financo la religione rossazzurra’ Geo Ed. 2011. Viene al mondo a ridosso della rivoluzione sessantottina e vive a metà strada del litorale siculo di ponente di un’isola abbagliata dal sole ma accecata dalle pastoie burocratiche. Suoi racconti e saggi sono stati pubblicati dentro ‘Musica dai saloni, suoni e memorie dei barbieri di Sicilia’ Nuova Ipsa Ed 2009, ‘Serenate al chiaro di luna’ Nuova Ipsa Ed, 2011 e ‘Merica, Merica. Viaggio verso il nuovo mondo’ Sciascia Ed.2015. È ideatore dell’agenzia ‘Scritturiamo’ e collaboratore del blog ‘Letteratitudine’. Maniaco dello stile e dell’editing, ogni giorno visita, scrive, opera, ingessa, corregge.
Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?
«Nasce da ragazzo ma rimane latente fin all’estate di quattordici anni fa; le cose cambiano, infatti, nel pomeriggio del 20 giugno 2002 quando lo stadio Cibali viene intitolato a mio nonno Angelo Massimino; nel momento della cerimonia ufficiale, mia mamma mi chiede di metter nero su bianco la vita di suo padre, un grande condottiero, un uomo capace di tutto fuorchè arrendersi. Capii che non andavano raccontate esclusivamente le vicende calcistiche che avevano visto il presidentissimo del Catania alla ribalta per un quarto di secolo e oltre. Era il momento di riportare alla luce Angelo Massimino nella sua totalità, una figura umana ricca di contrasti ma profondamente romantica. C’era un problema però: nella redazione del testo non volevo trascinare le mie emozioni di nipote. In breve: non volevo fare un’operazione amarcord, tutt’altro. Così, prima di iniziare la stesura di ‘Angelo Massimino, una vita per (il) Catania’ ho partecipato a due corsi di scrittura creativa e ho imparato moltissimo. Qualche anno dopo, alla presentazione del libro nell’albergo Baia Verde, c’era tutta la mia famiglia e idealmente l’intera città di Catania».
Come si comporta un medico-scrittore in sala operatoria, cosa pensa prima di operare?
«Da qualche parte ho letto che chi non vive dei proventi di scrittura, non dovrebbe esser definito scrittore. Se le cose davvero stanno in questo modo, io non lo sono. Mi ritengo una persona assai curiosa, sono un attento osservatore di ciò che mi circonda. In particolare il mio sguardo è rivolto giornalmente alla natura umana e ai suoi risvolti contradditori. Al lavoro, in sala operatoria, ho la fortuna di aver accanto a me gli specializzandi in ortopedia dell’Università di Catania. Sono tutti molto volenterosi e con ciascuno di loro ho un rapporto speciale. Prima di iniziare l’intervento, il nostro livello di attenzione è alto; siamo in uno stato di leggera tensione e discutiamo di tecniche operatorie. Superato l’impasse, a poco a poco i nostri discorsi scivolano sui fatti curiosi capitati in questa città chiamata Catania. I protagonisti dei tanti aneddoti rimangono i miei concittadini animati dal sacro furore della “liscia” giornaliera. Io prendo idealmente nota di quello che mi viene raccontato e quando scrivo c’è spesso un collegamento con fatti uditi o perfino capitati in sala operatoria. Uno scrittore d’altronde non è un po’ cacciatore e un po’ magazziniere ?».
Come vive un medico-scrittore che si occupa di letteratura, medicina e sport a Catania?
«Catania è al novantacinquesimo posto su centodieci città in quanto a qualità della vita. Da queste parti mancano l’ordine e la pulizia: non sono certamente carenze da poco. Io a Catania ci vivo discretamente bene, anche se non sopporto i continui strombazzamenti di auto e motociclette in centro. Per raggiungere ogni mattina il mio posto di lavoro, l’ospedale Vittorio Emanuele II, devo effettuare una gimkana in via Plebiscito per non imbattermi in tanti catanesi che, spavaldi, proseguono contromano. Tralascio, poi, le decine e decine di auto posteggiate in mezzo alla strada in maniera scriteriata. A proposito della sporcizia di Catania, invece, ripenso a quando avevo sette, otto anni. Nei pomeriggi di primavera rimanevo incantato nel terrazzo di casa a guardare mia mamma stendere con cura i tappeti sulla ringhiera del balcone. A quel punto, lei impugnava il battipanni nella mano destra e colpiva i tappeti ripetutamente al diritto e al rovescio. Più o meno tutte le strade di Catania andrebbero trattate, secondo me, come quei tappeti».
Tu vivi a Catania da molto tempo, secondo te quali sono le differenze che nessuno coglie tra Palermo e Catania?
«Palermo ha avuto duemila anni di storia intatta, senza grandi distruzioni se non quelle subite durante il bombardamento del ’43 in maniera piuttosto limitata. Anche Catania ha duemila anni di storia, però è stata rasa al suolo più d’una volta. Il patrimonio storico di Palermo è quasi tutto integro, mentre quello di Catania è stato ripetutamente ricostruito.
Da sempre la vita delle due città è stata differente. Palermo è una città sonnolenta con vecchie tradizioni aristocratiche per le importanti famiglie nobiliari che vi abitavano. Catania, di contro, è una città a vocazione commerciale e imprenditoriale. Paradossalmente, la crisi economica di questi ultimi anni le ha riavvicinate nel senso che le ha ulteriormente livellate. Basti pensare che il tasso di disoccupazione giovanile in entrambe le città è oggi quasi identico. Solo a Palermo però ancora oggi si respira un’aria internazionale e Catania ciò, forse, non lo sopporta del tutto».
Tutti dicono che tra Palermo e Catania c’è incompatibilità, lo vogliamo sfatare questo luogo comune?
«Questa rivalità è una delle più grosse mistificazioni storiche della nostra isola a tre punte; semmai è vero che a partire dai Vespri siciliani più volte Catania si spinse ad imitare Palermo. La contesa, bisogna accettarlo per quanto possa essere gretto, nasce negli anni ottanta principalmente per motivi calcistici. Sino ad allora le due città si rispettavano; Palermo aveva gestito bene il suo ruolo di capitale politica e Catania quello di capitale imprenditoriale. Poi le cose presero a non andare per il meglio e sono nate gelosie in base ai presunti privilegi politici dei palermitani. Con la rivalità calcistica e con i primi problemi economici si spostò sul versante politico e su quello sociale. Oggi, dopo le tristi vicende attuali del Catania Calcio, tale dualismo si è affievolito».
Perché il calcio è così importante nella vita dei catanesi ?
«A Catania purtroppo, per ignoranza o incuria, altre cose più importanti del pallone passano in secondo piano. Fino a tre anni orsono ogni domenica lo stadio di Catania si tramutava in una sarabanda festosa, che pareva ogni volta la festa di Sant’Agata. Si andava in piazza Spedini e ci s’immedesimava tutti in quei giovanotti colorati del rosso fuoco dell’Etna e dell’azzurro del mare che rincorrevano la sfera di cuoio. Sfidavamo le grande squadre e le mettevamo sotto, Catania tornava protagonista e ci si dimenticava di tutto il resto. Dopo lo scandalo dei “treni del gol”, non è più cosi: un’intera città è stata retrocessa e, peggio ancora, bollata. Ci vorrà parecchio tempo per recuperare la credibilità perduta. Epperò oggi risaltano ancor più alcune figure eroiche che hanno dato lustro alla storia calcistica della città dell’Etna. Uno su tutti è mister Geza Kertèsz che ci condusse in B nel 1935 e che dieci anni dopo venne fucilato nella sua Budapest per aver salvato da morte certa decine d’ebrei. Quando l’amministrazione comunale lo vorrà, una via di Catania porterà il suo nome».
Quali sono i limiti dei giornali siciliani?
«I giornali siciliani hanno perso la reputazione: sono appiattiti e poco attraenti. Li compongono pagine ancorate a vecchie consuetudini e compresse da un provincialismo meschino. Il regime monopolistico dell’editoria ha causato la scarsa motivazione dei giornalisti e il web non è stato avvertito come uno strumento a migliorarsi. Reclutare i migliori giovani giornalisti, rinfrescare lo stile, essere presenti sul territorio e dimostrare competenza rimangono le armi in più per riconquistare il pubblico».
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Sto pensando di pubblicare in un libricino le trentasei puntate de ‘Il Russo-azzurro’ la mia rubrica su mondocatania.com che parla di pallone e letteratura. Inoltre sto lavorando a un saggio per il libro Cd ‘Carusi di zolfo’ e penso pure alla terza ristampa di ‘Angelo Massimino, una vita per (il) Catania’ di cui ricevo continue richieste quasi ogni giorno. Tutti i miei sogni futuri sono però intimamente collegati a ‘Scritturiamo’, l’agenzia creativa che ho ideato nel 2015, un ‘luogo’ in cui gli amanti della letteratura, dell’arte e della musica possano sentirsi a casa propria creando contaminazioni virtuose e feconde. ‘Scritturiamo’ si rivolge a chi per lavoro o per passione voglia trovare la corretta manifestazione dei propri contenuti. Si occupa di correzione di bozze ed editing e organizza eventi culturali e laboratori di scrittura».
Quali finalità si prefigge il corso di scrittura creativa di Scritturiamo che dirigi con i giovani di Catania ?
«I corsi di scrittura creativa che organizzo sono diretti a chi crede nell’importanza del dialogo e della comunicazione; a coloro i quali, sperimentando prospettive prima inesplorate, vogliano assaporare il potere delle parole per descrivere la realtà. La mia idea è che raccontare equivale a far vedere. Ritengo la narrazione un fatto tecnico che si può insegnare e non credo che per farlo sia necessaria una preparazione esclusivamente letteraria. Il mio più grande desiderio ? Far diventare ‘Scritturiamo’ la scintilla di nuovi progetti creativi e un punto di riferimento per chi coltiva il sogno di scrivere».