Pino Sciumé
Ormai è sotto gli occhi di tutti. La politica non fa più tendenza, è diventata appannaggio dei soli addetti ai lavori, le masse sono un lontano ricordo, le lotte non si sa più cosa siano e naturalmente, ahinoi, le conquiste sociali e del lavoro si avviano a diventare materie da leggere sui libri di storia.
In questi giorni o in queste ore si stanno definendo a Favara ed in altri tre comuni agrigentini le liste elettorali che dovranno essere presentate entro il prossimo 11 maggio. Salvo sorprese dell’ultimo momento sono sette i candidati a sindaco che si contenderanno lo scranno di primo cittadino nella tornata elettorale del 5 giugno. Ogni candidato sarà sostenuto da una o diverse liste che potranno esprimere al massimo 24 candidati al consiglio comunale.
Stando alle notizie che trapelano, poche per la verità, dagli organi ufficiali delle varie segreterie, quest’anno sembrano manifestarsi parecchie difficoltà non solo per la “valenza” dei candidati, ma addirittura per il loro “reperimento”. In tempi, ormai parecchio remoti, esistevano nei partiti i cosiddetti esperti nella composizione delle liste che spesso dovevano tagliare. Altri tempi. La passione politica si formava all’interno delle sezioni dei partiti.
L’avvento della Seconda Repubblica ha spazzato via molti dei partiti tradizionali, i quali non hanno saputo riorganizzarsi adattando i loro programmi alle nuove esigenze della società. In oltre vent’anni, i nuovi governi, ad alternanza regolare, hanno avuto il merito di aver instaurato la “Damnatio Memoriae” senza distinguere le cose buone da quelle cattive. Tutti si sono divertiti a sparare su un passato che bene o male aveva riportato l’Italia a competere nel mondo.
I risultati purtroppo sono sotto i nostri occhi. La politica si è spostata dalle piazze ai talk show, le riforme si sono trasformate in annunci non comprensibili dalla gente comune, ci siamo trovati i nuovi politici che guardando troppo avanti dimenticano volutamente un presente che sta crollando. E così abbiamo dovuto subire, per pigrizia o ignoranza, l’ingresso in una Europa con condizioni che hanno strozzato la nostra economia sottraendoci la Sovranità Popolare. Poco alla volta, gli italiani hanno dovuto pagare un prezzo altissimo sui diritti che si sono conquistati, anche col sangue, negli anni passati. Lo Statuto dei Lavoratori, l’allora serietà dei Sindacati, il diritto alle pensioni di anzianità, il pieno diritto alla salute. Oggi il 40% dei giovani cerca un lavoro. Una volta sarebbero scesi in piazza, ma a quanto pare una grande apatia ha preso il sopravvento.
Quando un popolo, democraticamente, non reagisce non ha il diritto di lamentarsi. La libertà, come diceva Gaber, è partecipazione. Il coraggio si manifesta anche con piccole azioni. Per questo i giovani non devono dimenticare di partecipate e di essere protagonisti del loro futuro, non lasciando ad altri il diritto di decidere per loro.