Dopo cinque anni di permanenza nella nostra città, fra Giuseppe Maggiore ritorna nella sua Sanfratello, dove si dedicherà alla preghiera nella solitudine del bosco sanfratellano.
Il saluto del frate avverrà sabato prossimo in convento durante la celebrazione della Santa Messa delle ore 19.
La notizia è stata data e ho assolto il mio dovere di giornalista. Adesso, posso andare oltre la stessa, ringraziando fra Giuseppe per avermi dato la grande possibilità di vedere e di toccare la carità. Ho provato la gioia fino a dover nascondere le lacrime nell’aiutare i meno fortunati. Sfamare e vestire i bisognosi, assistere e confortare il moribondo che non ha nessuno al suo capezzale. Questa è la parte meno visibile e nello stesso tempo la massa più notevole dell’iceberg della sua presenza a Favara.
La parte più visibile la conosciamo tutti è il suo costante essere tra la gente. La passione vivente, le manifestazioni pacifiste, il promuovere la fratellanza tra le diverse etnie che convivono nello stesso territorio. Ha fatto indossare il saio e tenere in mano il Vangelo ad un imam.
La tenda del Padre Abramo ospita gratuitamente i migranti. Li ha assistiti, protetti, ha cercato di insegnare loro un mestiere.
La carità è stata una costante. Recarsi nella Tenda del Padre Abramo è un sollievo alle nostre quotidiane sofferenze, che si concretizza nel valore più alto nell’aiutare, nel donarsi.
Fra Giuseppe mi ha insegnato a guardare la mano dell’elemosinante piuttosto della monetina offerta. E la differenza, credetemi è, davvero, notevole. Quella mano protesa è il vero significato della vita.