“I nuovi partiti nelle ultime elezioni politiche si sono scontrati a sangue. Bisogna risalire al 1948, nella lotta fra Dc e Fronte Popolare, per trovare una campagna elettorale così violenta (per conquistare) il potere totale”.
Così scrive il sociologo Francesco Alberoni nel suo ultimo Articolo della Domenica apparso sul quotidiano “Il Giornale” dell’appena scorso 18 marzo. Il riferimento alle prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana ripiomba nella mente di coloro che hanno vissuto quell’esperienza vissuta e intrisa in un clima di speranza e di terrore, nonostante la guerra fosse terminata già tre anni prima.
Alla fine del suo mandato di Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, durante una chiacchierata con alcuni giornalisti, dichiarò che il 18 aprile 1948, “assieme ad altri suoi coetanei (ventenni) democristiani – a Sassari sua città natale – passò la notte in Prefettura armato fino ai denti, la mia dotazione consisteva in bombe a mano, mitra e caricatori… mi armò Antonio Segni (futuro Capo dello Stato – ndr). Dovevamo fermare il Golpe Rosso perché allora i comunisti avevano più armi di quanto ne abbia oggi l’attuale esercito italiano”.
Sarà stato vero? La Storia darà la sua risposta. Certo è che l’anno precedente a quelle elezioni si consumò la Strage di Portella delle Ginestre dieci giorni dopo le prime elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana che videro la vittoria del Blocco Socialcomunista sulla Democrazia Cristiana, ma a Palazzo d’Orleans si insediò un monocolore DC presieduto da Giuseppe Alessi.
Cominciò così la nostra Repubblica. Cominciò male. L’Italia era uscita dalla guerra piangendo lacrime e sangue con 470.000 morti, rischiando l’inizio di una guerra civile. Anche la Germania fu rasa al suolo ed ebbe 7.500.000 morti. Solo gli italiani però hanno ripreso la via dell’emigrazione per trovare lavoro. Perché tutto questo? La risposta può essere solo di carattere politico. Per più di quarant’anni DC e PCI hanno scelto di “non scegliere”, foraggiati e messi a tacere dalle due superpotenze mondiali.
Siamo ad oggi. Il M5S, nuova, giovane e dirompente forza politica ha conquistato la scena contro quel che resta di un centrodestra rivitalizzato e di un centrosinistra affannato e diviso al suo interno. Dicono che ognuno andrà per la sua strada, ma nessuno di loro è in grado, da solo, di formare una maggioranza.
Ad un senatore di fresca nomina è stato chiesto come si è svolta la cerimonia del suo insediamento. Ha detto sorridendo di aver firmato diverse carte e di aver ricevuto una copia della Costituzione. Ma alla domanda “Quanto durerà questa legislatura?” con uno sguardo serio e deciso ha seccamente risposto: “Cinque anni”.
C’è da ritenere, con altissime probabilità di riuscita, che al Presidente Mattarella non verrà difficile far nascere un governo agitando lo spettro delle ri-elezioni anticipate. I programmi? Si cambiano.