I Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno smantellato un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di beni archeologici siciliani. 23 misure cautelari sono state eseguite in Italia, Regno Unito, Germania e Spagna. Oltre 20.000 reperti recuperati per un valore superiore ai 40 milioni di euro.
L’ordinanza di applicazione delle misure cautelari è stata emessa dal G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della Procura della Repubblica nissena che ha coordinato le indagini. Ventitré le persone ritenute responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere transnazionale dedita al traffico di reperti archeologici provento di scavi clandestini in Sicilia. Gli agrigentini finiti in carcere sono: Calogero Stagno, 51 anni, di Favara, agli arresti domiciliari; Francesco Giordano, 71 anni, di Campobello di Licata; Matteo Bello, 61 anni; Luigi Giuseppe Grisafi, 64 anni; Calogero Ninotta, 39 anni; Gaetano Romano, 58 anni, tutti di Ravanusa.
In territorio italiano, l’operazione è stata condotta in sinergia con i Comandi Provinciali Carabinieri di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Crotone, Enna, Lecce, Napoli, Novara, Taranto, Torino, Ragusa, Siracusa ed il supporto del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia”. Sono state eseguite anche numerose perquisizioni per la ricerca di reperti trafugati. Contemporaneamente, in ambito europeo, grazie al coordinamento di EUROPOL ed EUROJUST, sono stati eseguiti 3 Mandati di Arresto Europeo (M.A.E.) nei confronti dei componenti dell’organizzazione residenti a Londra, Ehingen e Barcellona. Oltre 250 i Carabinieri impegnati, che hanno operato sia in territorio italiano che estero, congiuntamente ad investigatori della Metropolitan Police di Londra, della Polizia Criminale del Baden-Württemberg e della Guardia Civil spagnola.
L’indagine è stata avviata nell’estate del 2014 a seguito di un episodio di scavi clandestini nel territorio di Riesi (CL). I primi accertamenti hanno consentito di verificare che non si trattava di una vicenda isolata, ma riconducibile ad un fenomeno di sistematica aggressione al patrimonio archeologico siciliano. Pertanto, l’attività investigativa ha avuto come obiettivo quello di risalire fino ai vertici dell’archeo-traffico. Dall’inizio delle indagini, i Carabinieri del TPC hanno recuperato oltre 3.000 beni archeologici, per un valore di mercato superiore ai 40 milioni euro.