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Home Editoriale

La gente “vastasa” della “manu o mortu”

di franco.pullara
27/03/2019
in Editoriale, Evidenza
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“Ogni volta nei funerali tra la gente che entra in chiesa per onorare il defunto e unirsi in preghiera alla famiglia c’è la seconda categoria: quella esterna, ossia la gente che rimane fuori e che senza rispetto per la Santa Messa se ne sta sul sagrato, luogo sacro, a disturbare la celebrazione con chiacchierio e grida stile mercato ortofrutticolo, nella indifferenza del momento del dolore e della preghiera. Infatti spesso a questi come purtroppo nel pensiero comune IMG-20190327-WA0007 (1)basta dare la stretta di mano per dire ci sono stato”. E’ don Marco Damanti parroco della chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo di Favara e nel suo sfogo coglie tutti gli aspetti di un’usanza che andrebbe rivista, almeno, per i suoi aspetti contraddittori, il primo fatto di sofferenza e di dolore e il secondo che fa letteralmente a pugni con il precedente di buona parte dei presenti che partecipa solo per stringere la mano ai familiari del defunto e al gesto aggiungere, impropriamente, la parola condoglianze, quando, ora si che ci vuole, sarebbe più appropriato dire “qua sono” o “presente”.
“Per dire – specifica don Marco – “mi vidisti… un giorno quando sarà, fatti vidiri”. Ahimè si cura la facciata, l’apparire. E’ forse arrivato il momento di togliere queste condoglianze che non hanno più senso? E all’ipocrisia si aggiunge il vergognoso comportamento di alcuni maleducati documentato dalle foto che ti ho inviato per pubblicarle sul tuo giornale. Cicche di sigarette e pacchetti vuoti a decine buttati sul sagrato. In una occasione ha preso fuoco una pianta per una sigaretta lasciata ancora accesa. Il rispetto del luogo sacro non è passato di moda. I valori non passano di moda. Ma la cosa che mi rattrista sono gli adulti e gli anziani con i loro comportamenti, mentre dovrebbero essere di modello per i giovani. Spero che possiamo recuperare il rispetto delle persone e dei luoghi perché tutto parte dalle piccole cose e questo si chiama civiltà”.
Don Marco spera, del resto un sacerdote è quasi obbligato a sperare e ad essere ottimista, ma, a mio parere, chissà ancora quante cicche di sigarette si butteranno sui sagrati delle chiese e quante strette di manu o mortu, solo per segnare la presenza, ci saranno prima che cambi qualcosa nella nostre sbagliate tradizioni.
franco.pullara

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