Sei le misure cautelari eseguite nei confronti di due distinti piccoli gruppi, uno dei quali costituito da extracomunitari che facevano giungere la droga in autobus da Palermo. La droga veniva ceduta anche all’interno di un centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo.
Un altro importante risultato è stato conseguito dai Carabinieri nella provincia di Agrigento in tema di contrasto agli stupefacenti. Questa volta, teatro dell’operazione è il territorio di Licata. In città, alle prime luci dell’alba, una quarantina di Carabinieri, supportati dal fiuto delle unità cinofile giunte sin dalla sera precedente da Palermo, hanno eseguito 6 provvedimenti cautelari, emessi dal Tribunale di Agrigento, come esito di una indagine svolta, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Agrigento, da settembre 2016 a fine 2018. Tutti i destinatari del provvedimento sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Per 4 di essi, sono scattati gli arresti domiciliari. Uno invece è stato sottoposto all’obbligo di dimora ed uno all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’indagine, svolta dai Carabinieri di Licata, denominata Capolinea, è nata dall’esigenza di contrastare un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, messa in atto da cittadini extracomunitari e italiani, che avevano individuato quale target commerciale molti adolescenti, scegliendo come luoghi di spaccio le piazze nelle vicinanze di scuole e centri di aggregazione di giovani. Molti genitori, preoccupati, avevano segnalato il problema, manifestando i propri timori alle forze dell’ordine. Una richiesta di aiuto alla quale i Carabinieri di Licata, oggi, sono riusciti a dare una risposta concreta. I risultati conseguiti sono il frutto di una delicata attività di indagine svolta con pazienza dai Carabinieri. Un lungo periodo di pedinamenti tra i vicoli della città, di osservazione dai tetti delle case e di intercettazioni, ha consentito ai militari di identificare i membri di questa rete di spaccio e anche di valutare la portata dell’attività messa in atto dal gruppo disarticolato questa mattina.
Preoccupante, infatti, il dato emerso relativo al consumo di sostanze stupefacenti da parte dei giovani che spesso si sono rivelati minorenni. Una stupida moda che fa gli interessi di questi gruppi criminali ai danni di giovani spesso annoiati e incoscienti. Il giro di affari del gruppo è stato stimato in oltre 500 mila euro, considerato che, ogni settimana, la banda era in grado di spacciare almeno mezzo chilo di roba. Durante le fasi delle indagini, i Carabinieri sono riusciti a scoprire anche i canali di approvvigionamento della droga, in prevalenza “hashish”, o com’è chiamata in gergo “fumo”. Gli spacciatori si rifornivano a Palermo. I “corrieri” utilizzavano, quale mezzo di trasporto, gli autobus di linea. Già nel 2016, i Carabinieri di Licata, a supporto delle loro tesi investigative, avevano arrestato in flagranza di reato un corriere proprio alla fermata dell’autobus a Licata, mentre tornava da Palermo con addosso, mezzo chilo di droga. Da qui l’idea del nome in codice dell’indagine “capolinea”. Anche nel 2017 i Carabinieri sequestrarono altra droga, tre panetti di hashish, sempre a carico di un altro membro del gruppo di spacciatori che fu arrestato al rientro da un viaggio nel capoluogo siciliano.
Altro dato rilevante emerso nel corso delle indagini riguarda il fatto che i cittadini stranieri cedevano lo stupefacente anche all’interno di un centro di accoglienza dove erano ospitati. Tra gli stranieri utilizzati come corrieri, sono state impiegate anche donne. Infatti nel 2017 i Carabinieri arrestarono una giovane extracomunitaria mentre tornava, sempre in pullman, da Palermo, portando con sé un panetto di hashish e qualche centinaio di grammi di marijuana. Interessante anche l’uso del linguaggio criptico, nelle conversazioni telefoniche captate durante le indagini, avvenute tra i membri del gruppo. Tale accortezza era volta a depistare eventuali attenzioni delle forze dell’ordine nei loro confronti. La sostanza stupefacente era, infatti, spesso indicata, come bottiglia di cola.