76 anni fa, l’8 settembre 1943, il Maresciallo Badoglio firmò l’armistizio con gli alleati. Lo storico è ricercatore Pasquale Cucchiara analizza questo momento storico che segno una svolta per l’Italia.
“Sono passati 76 anni dall’annuncio di Badoglio dell’armistizio dell’8 settembre 1943 che gettò il paese nel caos e da cui nacque la Resistenza. Fu giorno drammatico ma, nello stesso tempo, di svolta, di orgoglio nazionale.
L’armistizio fu firmato a Cassibile (detto anche “armistizio corto), il 3 settembre del 1943 ma venne ufficializzato solo cinque giorni dopo causando un vera e propria tragedia nazionale. Per il nostro Stato, l’8 settembre rappresenta un dramma dalle mille sfaccettature. Per certi versi, ricordò l’incubo di una seconda Caporetto. L’Italia per un attimo, si illuse che la guerra fosse finita. I soldati aspettarono ordini che non arrivarono mai. Si contrapposero l’eroismo di pochi (come la Divisione Acqui a Cefalonia che fu massacrata dai tedeschi) e la paura di molti (vertici politici e militari in fuga).
Nel frattempo, le avanguardie tedesche serrarono Roma e fu il panico. Il “piccolo” Re, il principe Umberto, Badoglio e i generali sono in fuga. Tuttavia, il conto con i Savoia verrà saldato il 2 giugno del 1946 quando gli italiani scelsero la Repubblica alla monarchia. All’estero le reazioni furono differenti. Ad esempio, per le popolazioni occupate dall’Italia fascista (ex Jugoslavia e Albania), il crollo italiano fu vissuto come la fine di una pena. Il loro entusiasmo popolare per la riconquista della libertà fu genuino; come quello degli antifascisti italiani contro i nazisti. Nel frattempo, i confinati politici, i partiti clandestini, su tutti il PCI, iniziarono a preparare la Resistenza e ad immaginare la Repubblica. Fu un cammino lento, difficile, sanguinoso che durò quasi due anni.
Non persero tempo, infatti, il 9/09/1943 nacque il Comitato di Liberazione Nazionale, composto dai principali partiti antifascisti, con lo scopo di coprire il vuoto politico che si era venuto a creare. Anche a Favara si costituì il CLN. Ne fecero parte Gaetano Guarino e Salvatore Iacolino per il PSI, Giuseppe Liotta e Salvatore Pirrera per la DC, Salvatore Bosco, Giuseppe Quaranta e Vincenzo Vetro per il PCI, Vincenzo Re per il PLI, Alberto Avenia per DL e Filippo Lentini, Onofrio Marchese, Gaspare Veneziano e Giuseppe Morreale per Partito d’Azione.
Tra questi personaggi fu indicato presidente del CLN il futuro sindaco di Favara Gaetano Guarino.
Il 12 settembre Mussolini venne liberato da un commando di paracadutisti tedeschi e il 23 settembre fondò la Repubblica di Salò; uno stato fantoccio legato mani e piedi ai tedeschi che, di fatto, inasprì e allungò il nostro processo di Liberazione nazionale.
La nasciata della RSI, galvanizzò i pochi fascisti rimasti anche a Favara. Giuseppe Iacolino, nel suo libro intitolato “Noi ragazzi del ‘43” scrive che, un tale don Giù Boscolo “risorse all’ombra del movimento fascista e sui muri comparvero scritte inneggianti al fascismo e di condanna Vittorio Emanuele III ed al maresciallo Badoglio”. Furono poca cosa.
Mentre i pochi fascisti rimasti giocavano a fare i ducetti repubblichini, 27 partigiani favaresi (in realtà, potremmo aggiungere all’elenco altri 2 partigiani nati nel continente da genitori di Favara) si battevano valorosamente sui monti piemontesi, emiliani, toscani, liguri per liberare la nostra patria e per gettare le basi di un nuovo e duraturo assetto democratico.
L’8 settembre segnò l’inizio del riscatto del nostro paese contro il nazifascismo”.
Pasquale Cucchiara