Una chiesa affollatissima ha accolto questa sera alle ore 18,30 don Claudio De Caro, Provinciale dei Padri Vocazionisti, Padre Uriel e il nuovo parroco di San Giuseppe Artigiano, John Ukwenya.
Don Uriel doveva presiedere la Santa Messa ma non ce la fatta, visibilmente emozionato, seppure incoraggiato dagli applausi dei fedeli, ha passato a don Claudio De Caro il compito di presiedere la celebrazione.
Questa telegraficamente la cronaca dei fatti e potremmo fermarci a questo punto se non fosse per alcuni particolari che hanno caratterizzato l’evento: le lacrime dei fedeli ad iniziare dai bambini e dai più giovani, senza escludere gli anziani. La commozione ha testimoniato al meglio il grande lavoro e la grande donazione di don Uriel ai suoi parrocchiani. Per loro è stato un santo sacerdote, un punto di significativo riferimento che lascia una grande traccia di se.
A chiusura della Santa Messa, con grande sforzo superando a tratti l’emozione, don Uriel ha salutato i suoi “fratelli e sorelle”.
“E’ arrivato – ha detto – il momento di lasciare questa bellissima comunità e con queste mie parole desidero rivolgervi il mio saluto e il mio ringraziamento.
Sono arrivato come guida di questa comunità sette anni fa con molte speranze e trepidazione per l’incarico che il Signore, per mezzo del Padre Provinciale, aveva voluto affidarmi. In occasione della messa di saluto al mio predecessore celebrata il 30 settembre 2012 nel rivolgervi un saluto vi ho detto che alcune cose sarebbero cambiate e vi ho invitato a non giudicarmi subito ma almeno dopo un anno”.
“In questi anni, ho cercato di proporre nella nostra Parrocchia alcuni cambiamenti, non per il gusto e il capriccio della novità, ma per aiutarci a cogliere e vivere meglio il Vangelo attraverso anche una serie di iniziative pastorali che conoscete molto bene e che quindi evito di elencare. Ho proposto altri cambiamenti per correggere alcune scelte o comportamenti che a mio avviso erano deleteri per la vita comunitaria”.
“Sin dall’inizio ho cercato di avere un comportamento lineare con tutti senza cedere alle pressioni e alla logica delle raccomandazioni presente nel nostro territorio. In quest’ottica ho anche impostato una gestione trasparente dell’economia della parrocchia affiggendo a fine mese il resoconto economico in fondo alla chiesa e pubblicando il resoconto annuale nel Settimanale di Informazione Parrocchiale. Ciò affinché poteste rendervi conto di come venivano gestite le offerte che voi stessi davate alla parrocchia”.
“In ogni esperienza comune vi sono momenti di gioia e di sofferenza, di incomprensioni e di dialogo, di crisi e di ripresa. Ma mi sento di poter dire che questi sono stati anni bellissimi e fraterni che hanno sperimentato e collaudato esperienze nuove, e senza peccare di presunzione, credo abbiano arricchito la vita pastorale della Parrocchia e rafforzato la fede dei fedeli. Tante cose non sono riuscito a farle bene e ho commesso sicuramente tanti errori, ma ho perseguito sempre ciò che ritenevo buono e giusto”.
“Voi mi avete aiutato a crescere umanamente e spiritualmente con le vostre richieste, la vostra collaborazione, le vostre osservazioni, la vostra gratitudine. Mi porto nel cuore la vostra fiducia, la vostra grande collaborazione e il vostro grande sostegno. Senza di voi tutto ciò di cui stiamo parlando non sarebbe stato possibile. Ringrazio tutti senza fare nomi e distinzioni. Dal profondo del mio cuore grazie a ciascuno di voi”.
“Ringrazio anche coloro che in questi anni sono stati una spina nella mia carne, perché come dice San Paolo, mi hanno aiutato affinché non montassi in superbia”.
E di spine nella carne don Uriel ne avrà avute tante, senza mai il sacerdote gridare per il dolore. Nessuno ha saputo, preferendo servire la sua missione piuttosto di alimentare la polemica serile ed inutile.
“Non entro in merito alle fantasie perverse di tanti – ha continuato – che dopo l’annuncio della mia scelta hanno messo in giro tante dicerie e qui ce ne sono sicuramente alcuni di loro. Posso solo dirvi che mi è molto dispiaciuto per le persone che sono state coinvolte ingiustamente. Mi dispiace altresì che chi si è reso responsabile di tali cattiverie non sia venuto a parlarmi di persona per sincerarsi se le sue supposizioni fossero vere o meno. Mi auguro che almeno trovino il coraggio umano e l’umiltà spirituale per andare a chiedere perdono alle persone che hanno ferito e fatto soffrire”.
“Per quanto riguarda la mia persona chi mi conosce bene sa che ho un carattere riservato, piuttosto difficile, di poche parole ma posso dirvi con franchezza che i doni che Dio mi ha dato li ho messi al servizio di questa comunità con tanto entusiasmo e con tanto impegno. Mi sono dedicato con passione ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie e agli anziani. Ho cercato di mettere sempre al primo posto la comunità e di accompagnarla a fare esperienza autentica dell’amore e della misericordia del Signore”. E tutti sanno quanto siano vere le sue parole.
Ed è anche arrivato il momento del motivo della sua richiesta di un anno sabbatico. Don Uriel che in sette anni non si è concesso una sola pausa nella costruzione della grande famiglia della parrocchia attraverso un percorso che si inizia dall’oratorio e si conclude con la Cappella dell’Adorazione, “tuttavia nell’ultimo anno ho percepito una grande difficoltà nel portare avanti la mia missione, ho vissuto un progressivo calo mentale, fisico e spirituale che non mi hanno consentito di svolgere il mio ministero in mezzo a voi con serenità e fecondità. I collaboratori più stretti si erano accorti che il mio entusiasmo non era lo stesso di prima e che c’era qualcosa che mi faceva stare male. Percepivo una forte difficoltà a soddisfare le richieste spirituali che mi venivano dai gruppi parrocchiali e dai singoli fedeli. Mi sono accorto che stavo perdendo di vista il motivo fondamentale per il quale sono stato mandato qui e cioè quello di annunciarvi Gesù Cristo e di aiutarvi a migliorare e fortificare il rapporto di fede con Lui”.
“Non potevo fare finta di niente. Anche se ai collaboratori più stretti che si preoccupavano di me dicevo che tutto andava bene, nel mio profondo riflettevo molto e sono arrivato alla conclusione che per il bene della parrocchia e per il mio bene era meglio fermarmi un anno. Ho parlato con il nostro Provinciale don Claudio che ringrazio per la sua comprensione in questa occasione e per la sua amicizia e il suo sostegno in questi anni. Successivamente ho parlato anche con il Padre Generale presentando a lui la richiesta di un anno sabbatico e contemporaneamente la richiesta di poterlo trascorrere in una nostra comunità dell’Inghilterra per imparare e studiare la lingua inglese. Mi è stato accordato e sono stato assegnato alla comunità vocazionista di Londra dove andrò domani con un volo da Catania”.
Ora voi avete il nuovo parroco, il caro Padre John, al quale faccio i miei più sinceri auguri per un proficuo apostolato. Vi chiedo di accettarlo con amore e di collaborare con lui con fiducia e generosità. Non pretendiate che lui debba fare tutto nello stesso modo in cui è stato fatto in questi anni. Rispettate la sua originalità e i suoi ritmi. Sono convinto che farà tanto bene in questa comunità come l’ha fatto nella comunità che ha lasciato per venire qui”.
“Infine, concludo questo mio saluto chiedendo perdono a tutti coloro che con le mie scelte, comportamenti e/o parole ho fatto soffrire. Siamo umani e come dice san Paolo molte volte facciamo il male che non vogliamo anziché il bene che vogliamo”.
“Nel film “Benvenuti al sud” si dice che chi viene al sud piange due volte quando arriva e quando parte. Questo si è avverato in me, ho pianto diverse volte chiuso nella mia stanza quando sono arrivato a Favara per la comprensibile solitudine dei primi giorni e le difficoltà iniziali; piango ora perché pur avendo fatto una scelta libera e consapevole mi dispiace davvero lasciare questa comunità che è diventata per me una famiglia, e mi dispiace lasciare amici sinceri che mi vogliono tanto bene. Pregate per me. Rimaniamo uniti nelle preghiera”.
“Dio vi benedica!” Dio benedica te, Padre Uriel.