Oggi 26 novembre, alle 10:30, nel piazzale Belvedere San Francesco, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione della “panchina rossa”, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.
La cerimonia d’inaugurazione della “panchina rossa” prevista per ieri, 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza di genere, si è dovuta spostare ad oggi a causa dell’inclemenza del tempo.
Quella del femminicidio e della violenza in generale ai danni della donna è una vera e propria piaga sociale in quanto il fenomeno si sta diffondendo, da nord a sud, in maniera esponenziale. Anche l’Amministrazione comunale di Favara, alla cui testa vi è una sindaca donna, ha aderito, dunque, alla campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere dotando la città di una “panchina rossa”. Qualche giorno fa tre donne, preziosi fiori del “Giardino degli artisti” di Amelia Russello, hanno generosamente dispensato la propria arte per dipingere di rosso, con materiale fornito dall’Amministrazione, una delle tre panchine installate nella piazza Belvedere (S. Francesco).
Si tratta di Adriana Bellavia, Silvana Monteleone ed Annalisa Zambito Marsala.
Presente alla cerimonia di “scopertura”
la scolaresca, accompagnata dal corpo insegnanti, del plesso “A. Manzoni” dell’ Istituto comprensivo V. Brancati (ancora ospitato nel vicino complesso dell’ex Boccone del povero” dopo la temporanea chiusura della sede naturale di via Sant’Angelo). La sindaca, Anna Alba, affiancata dal suo vice Bennica, dopo aver spiegato ai ragazzi in cosa consiste il femminicidio ed essersi soffermata sull’importanza del rispetto reciproco, ha sottolineato di aver scelto questo sito per la “panchina rossa” a cagione della sua posizione sovraelevata che permette di abbracciare la città con uno sguardo.
Ha preso, dunque la parola fra Giuseppe Di Fatta che, dopo aver condannato ogni forma di violenza, ha letto e commentato un passo tratto dal Vangelo di Luca : “Benedetta tu tra le donne ed il frutto del tuo grembo”.
In Maria Benedetta, ha detto il frate, sono benedette tutte le donne.
È seguita una preghiera corale e, indi, alcuni volontari tra i ragazzi hanno tolto i teli di copertura offrendo, così alla vista, la “panchina rossa”.
Ai lati della panchina, due sedie dello stesso colore e, davanti, alcune paia di scarpe rosse.
Le panchine rosse fanno la loro apparizione nel 2014 e possono essere considerate un’evoluzione della più nota iniziativa di sensibilizzazione che va sotto il nome di “scarpe rosse” . Queste, da simbolo di femminilità per eccellenza, sono divenute simbolo di denuncia contro la violenza dal 2009. Le “zapatos rojos” nascono come progetto d’arte pubblica dell’artista messicana Elina Chauvet che espose un’installazione di 33 scarpe rosse nella città di Ciudad Juarez, che per l’elevato tasso di femminicidio è stata definita “la città che uccide le donne”. L’artista ha creato un metodo di sensibilizzazione, uno sprone a denunciare per poter rinascere. Le calzature femminili, abbandonate a centinaia nelle piazze italiane, tuttavia, non costituiscono delle installazioni permanenti ed in ciò sta il surplus delle panchine che si prestano, perciò, ad essere considerate, oltre che un simbolo di non violenza, una sorta di “monumento civile”. La panchina rossa vuole simboleggiare una presenza invisibile: quella delle tante donne che hanno perso la vita, costrette brutalmente a lasciare il loro posto nel mondo. Queste sedute sono posizionate nei luoghi in cui le persone si incontrano, si fermano per dialogare e, pertanto, sono come un riflettore sempre acceso su una così grave, diffuso e deprecabile fenomeno in costante aumento.
La presenza delle “panchine rosse” risponde all’intento
di sensibilizzare, prevenire ed educare. Un monito anche, mi sento di poter dire, “a non restare seduti a guardare”.