I netturbini minacciano di incrociare le braccia già da mercoledì prossimo.
Difficile trovare il termine e le parole giuste per definire al meglio l’inaudito fenomeno del ritardo del pagamento degli stipendi ai netturbini dipendenti del raggruppamento di imprese che gestisce il servizio di igiene pubblica a Favara.
Pochi giorni fa ne abbiamo parlato in un altro articolo su sollecitazione dei lavoratori che speravano, attraverso la denuncia giornalistica, di muovere le acque stagnanti. Ed, invece, mi dicono che nessuno li ha chiamati. Sordo il datore di lavoro e, altrettanto, l’amministrazione comunale.
Ci dicono: “Non abbiamo i soldi per comprare il pane!” E questo è un concetto facile da capire. Non ricevono gli stipendi da due mesi e il fenomeno si ripete tre, quattro volte all’anno.
Si può distruggere la dignità dei lavoratori fino a questo punto? Lo Stato attraverso le sue leggi tutela il diritto alla retribuzione, i sindacati devono difendere e tutelare le donne e gli uomini che vivono di lavoro, l’amministrazione comunale deve privilegiare il rapporto con le aziende che rispettano il regolare rapporto datore di lavoro e dipendenti e deve, comunque, agire a fronte di un simile accadimento.
Dicevamo, nessuno si è preso il disturbo di confrontarsi con gli operatori ecologici, che dal canto loro, minacciano di incrociare le braccia già da mercoledì prossimo. Favara annegherà di nuovo tra i rifiuti in un periodo di pandemia e solo dopo il concretizzarsi del pericolo per la salute pubblica si cercheranno le soluzioni ad un problema che non ha alcuna ragione di esistere.