Poco fa mi ha chiamato Alfonso Valenza di Confcommercio che al mio “pronto” ha risposto con un “ma si può?”. Praticamente ci siamo intesi e abbiamo commentato con poche e telegrafiche parole quanto accaduto ieri sera in consiglio comunale a Favara.
Ma davvero si può parlare di cesso che non si sa dove possa essere finito, anche se oggi domani un bisogno può essere necessario, quando dalla decisione del consiglio comunale dipende l’inizio dell’attività e il bisogno più importante per i mercatisti, madri e padri di famiglia, interrotto ad in inizio del 2020.
La sensibilità dei consiglieri verso i mercatisti si è manifestata con la decisione di prelevare il punto 6 relativo al trasferimento provvisorio del mercato settimanale del venerdì, che a causa del coronavirus non si svolge da diversi mesi. Ma subito dopo si è innescato quello che Peppe Moscato, in un altro articolo, definisce “problema collaterale” evidenziato dal consigliere Tonino Scalia e relativo alla richiesta di collocare un bagno pubblico nella zona del mercato.
E Scalia incurante del movimento delle lancette dell’orologio ha iniziato a ricostruisce la storia della donazione avuta dalla Ditta “Eureka” e di tutto il resto di una storia “travagliata” di un cesso che, in buona sostanza non si trova e che non ha trovato, al tempo, collocazione nella zona di piazza Cavour per l’opposizione delle attività commerciali e dei residenti.
Alla fine della fiera, alcuni consiglieri comunali hanno abbandonato l’aula Falcone Borsellino e la seduta è caduta per mancanza di numero legale.
Stasera, in seconda convocazione, l’assise cittadina, sicuramente, approverà il punto, resta il brutto messaggio di una serata a parlare di cesso, quando sarebbe stato più opportuno e rispettoso discutere di mercato e mercatisti.