Il sistema rifiuti a Favara si è collassato, murì u cani. E per ironia della sorte mentre in città aumenta il degrado, di pari grado nell’opinione pubblica cresce la consapevolezza su come si è arrivati a questo punto.
Il sistema si è retto sul silenzio. Hanno dato per scontato la silenziosa, collaudata sopportazione degli anelli deboli: la gente e gli operatori ecologici. In silenzio è stato elaborato un appalto che non ha tenuto conto dei costi rapportati al reddito medio dei favaresi. Nessuna analisi sull’andamento del pagamento della Tari, nulla. Hanno messo tutto dentro il servizio, senza badare ai costi, che se si fosse trasformato in realtà, quanto previsto, i risultati metterebbero a primo posto Favara tra le città al mondo più pulite.
Hanno scommesso sul silenzio e hanno perso. Hanno scommesso sul silenzio dei netturbini sul ritardo nel pagamento degli stipendi e su quello dei cittadini sulla qualità del servizio.
A rompere l’equilibrio sono stati gli operatori ecologici stanchi di sopportare il fenomeno del “ti pago, quando mi pagano”. Un modo comodo e facile di fare impresa che si è trascinato fino a dicembre dell’anno scorso, quando i lavoratori hanno detto basta ed è crollato il sistema. Si è iniziato un percorso di legalità, con la piena collaborazione dei cittadini utenti che pur subendo il disagio maggiore hanno deciso si stare accanto ai lavoratori per l’affermazione di un loro diritto. Il vaso si è rotto e tutti hanno visto che conteneva più sporcizia di quella che c’è per strada.
Abbiamo visto, comprese le istituzioni, che non è più tollerabile un’evasione Tari pari al 70 per cento e che il servizio è troppo costoso rispetto al reddito medio dei cittadini. A restare zitta è la stragrande maggioranza di operatori politici locali, che, tra l’altro, avrebbero già da tempo dovuto parlare.
I netturbini si sono fermati e i cittadini hanno gridato per una migliore qualità del servizio quando la città è nel peggiore degrado. In un servizio non reso a regola d’arte c’è sempre uno che ci guadagna a fronte di un altro che ci perde, ora i perdenti hanno detto basta.
A questo punto, occorre che la politica si rimbocchi le maniche per rimettere insieme i pezzi del vaso rotto. La politica non è in grado? Mea culpa, l’abbiamo scelta noi.