Le ditte che gestiscono il servizio finanziariamente molto esposte e con poche, o quasi nulle, possibilità di un futuro regolare pagamento del loro lavoro non hanno più alcun interesse a continuare l’attività di impresa a Favara. Questa è la vera ragione del vergognoso degrado favarese. Del resto le stesse imprese, lavorano in altre città, anche del nord Italia, con risultati e qualità che soddisfano pienamente i contribuenti. Ed è facilmente immaginabile che le aziende danneggerebbero loro stesse se regolarmente pagate rendessero un servizio di bassissima qualità.
Il sistema ha retto finché c’era grasso che colava fondato essenzialmente sul “muti tutti”. Il Comune non pagava le fatture e le ditte i loro dipendenti. Intanto tutti chiudevano gli occhi su tutto. Poche le penalità su un servizio scadente, nessuna vertenza sindacale per non regolare pagamento delle spettanze, nessuna azione amministrativa avanzata dalle ditte contro il Comune di Favara. Due nuovi elementi hanno fatto crollare il castello. Lo sciopero dei netturbini non più disponibili ad essere “gli ammortizzatori” finanziari delle loro aziende e l’assessore Laura Maria Maggiore che ha, recentemente, denunciato aziende e disservizi, mandando tutto alla Procura della Repubblica. Sciopero e denunce hanno demolito il castello, ma non sono la soluzione della problematica.
Il Comune di Favara non ha un centesimo di euro e non è in grado di incassare la Tari, la tassa sui rifiuti che i cittadini dovrebbero pagare per coprire integralmente il costo del servizio pari a 7,2 milioni di euro. Fonti comunali dicono che a pagare sono meno del 30 per cento dei contribuenti. Praticamente, su 7,2 milioni di euro attesi, ne arrivano nelle casse comunali circa 2 milioni.
Quale potrebbe essere la soluzione? La domanda andrebbe girata ai candidati a sindaco e al consiglio comunale, che oltre a rispondere dovrebbero produrre, prima di subito, la documentazione che accerti il loro regolare pagamento delle tasse comunali. E la risposta non può essere la paradossale promessa che Palermo risolva tutto come se Governo regionale e Ars non aspettassero altro che premiare un Comune che sporca l’ambiente e non è in grado di far pagare i contribuenti.
Sarebbe credibile un loro piano per incassare la Tari degli ultimi cinque anni. Sarebbe, davvero, una sincera manifestazione di buona volontà per salvare la città.
Lasciamo in pace i politici impegnati alla ricerca del voto e torniamo ad ipotizzare ciò che accadrà domani. Le ditte che formano l’associazione temporanea di imprese che gestisce il servizio ecologico sanno, dicevo, benissimo che il sistema si è collassato. Sanno che il Comune è fallito e non vogliono rischiare di fare a ruota la stessa fine. E il particolare rischio è molto elevato. Vorrebbero chiudere con Favara. Come? Mettendo i panni dell’imprenditore preferirei una bella risoluzione del contratto per inadempienza, su iniziativa del Comune di Favara, così poi ce la vedremo in tribunale con buone possibilità di uscirne indenne e magari, con un po’ di fortuna, guadagnandoci. Oltre gli articoli della stampa non ci sono carte che attestano il pessimo servizio svolto in questi anni perché solo recentemente il Comune si è deciso a mettere nero su bianco, quindi in tribunale avrebbero vita facile. Mentre non ci pensano nemmeno a risolvere loro il contratto per inadempienza da parte del Comune che non paga regolarmente le fatture. Troppo rischioso e dagli esiti incerti.
Intanto, netturbini e imprese non pagati non saranno, a buon ragione, stimolati ad effettuare un lavoro soddisfacente e aspetteranno l’autunno e la nuova amministrazione comunale che i favaresi sceglieranno per risolvere i gravi problemi o per lasciare morire definitivamente Favara.