“Vogliamo che arrivasse a tutte le persone a noi vicine e alla popolazione che legge i vari articoli sull’accaduto, di non lasciarsi sopraffare dall’odio o dalla vendetta verso il diverso”.
Ci sono stati momenti drammatici, domenica scorsa nel centro di accoglienza APS San Giuseppe Maria Tomasi ad Agrigento, dove un giovane ospite ha, di buon mattino, aperto i bocchettoni del gas che si trovano adiacenti all’abitazione privata di Don Vito. Il sacerdote accorgendosi del gesto insensato lo ha richiamato invitandolo a fermarsi e avvertendo, nello stesso tempo, gli altri operatori che nell’immediato si sono precipitati per bloccare la fuoriuscita del gas.
In seguito l’ospite contrariato e probabilmente per nulla cosciente di quanto stava per provocare, ha aspettato Don Vito, che dopo qualche minuto scendeva dalla propria abitazione per andare a celebrare messa, e senza dargli nemmeno il tempo di richiudere la porta gli si è scagliato addosso con calci e pugni lasciando sgomento e senza possibilità di difesa. E solo grazie all’intervento, ancora una volta, di altri ragazzi ospiti del centro si è potuto evitare il peggio allontanando l’aggressore e chiamando ambulanza e carabinieri.
Questo è il racconto nella visione normale del giornalista e dei lettori. C’è un aggressore e un aggredito che lo ospita e tra le righe si legge essenzialmente l’ingratitudine dell’accolto, a volte, causa quasi inevitabile di disprezzo verso chi arriva nel nostro territorio. Ma ripeto questi sono i fatti e così vengono normalmente raccontati.
Diversa è la cronaca fatta dall’aggredito e dei volontari del Centro. Diversa nella forma che in questo caso supererebbe la stessa sostanza.
Ecco cosa ci dicono. “Teniamo molto a comunicare l’accaduto a una platea quanto più vasta possibile non per fomentare la “storiella” del cattivo che si scaglia contro il buono, no, vogliamo scrivere di quanto successo proprio per lanciare il messaggio che ogni cosa, anche il rischio, fa parte di un’attività che svolgiamo con il cuore e non possiamo minimamente sopportare l’idea che un singolo fatto successo nel nostro centro, seppur gravissimo e senza alcuna giustificazione, possa innescare una “caccia” all’uomo nero!”
“Esistono delle responsabilità a ogni livello – continuano – e dunque oggi ci chiediamo perché l’autore dei fatti, evidentemente con gravi problemi mentali possa essere stato affidato al nostro centro che non è “attrezzato” per ospitare beneficiari con tali patologie”.
“Vogliamo che arrivasse a tutte le persone a noi vicine e alla popolazione che legge i vari articoli sull’accaduto, di non lasciarsi sopraffare dall’odio o dalla vendetta verso il diverso”.
“Il centro di accoglienza APS San Giuseppe Maria Tomasi è un luogo in cui si riesce ad alleviare le sofferenze che i nostri beneficiari hanno patito durante la loro, molto spesso, giovane vita”.
“È un luogo in cui ognuno degli operatori, oltre alla professionalità, ci mette del proprio per assicurarsi che la permanenza non sia fine a sé stessa, ma possa diventare strumento di crescita, consapevolezza e rispetto per le regole di convivenza in un contesto civile”.
“Purtroppo, è successo anche un evento imprevedibile per certi versi che ha turbato il normale svolgersi della vita quotidiana in comunità”.
“Un nostro ospite appena giunto ha da subito mostrato un atteggiamento molto sopra le righe sia con i beneficiari, sia con le assistenti sociali e il mediatore culturale che tentavano di svolgere il colloquio d’ingresso”.
“La domenica appena trascorsa si è andati ben oltre la indisponibilità del signore ad accettare una serena convivialità mettendo in atto un vero e proprio attentato alla vita del nostro Sacerdote, nonché presidente del centro, Don Vito Scilabra”.
E’ il racconto di chi dedica la propria esistenza agli ultimi e che supera di gran lunga la mera cronaca.