Torna per la terza volta, all’esame del consiglio comunale di Favara, la proposta di deliberazione relativa alla determinazione delle tariffe TARI 2023.
La proposta è stata già discussa e bocciata dal consiglio comunale per ben due volte: nelle riunioni consiliari del 3 maggio e del 19 maggio; poiché la maggioranza dei consiglieri presenti ha ritenuto non fosse giustificato l’aumento del costo del servizio rispetto all’anno precedente.
Come ben si sa, infatti, tale costo deve essere integralmente coperto dalle entrate della TARI.
Sarebbe stato interessante avere contezza del dibattito consiliare nelle sedute del 3 e 19 maggio, ma -guarda caso- oggi 30 maggio (a distanza di un bel po’ di giorni dalle sedute) le relative deliberazioni consiliari non sono state redatte o comunque non sono state pubblicate all’albo pretorio online né nell’elenco degli atti da pubblicare obbligatoriamente ai sensi della normativa regionale.
Per cercare di capirci qualcosa, allora, è stato necessario cliccare sulla sezione “trasparenza rifiuti” del web-site istituzionale del comune di Favara. Ma nulla. Peggio che andar di notte.
La legge dice che, ai fini della riduzione del costo dei servizi, le pubbliche amministrazioni provvedono sia alla contabilizzazione dei costi per ogni servizio erogato sia al monitoraggio del loro andamento nel tempo, pubblicando i relativi dati. Ma la pubblica amministrazione comunale è ferma ai dati dell’anno 2021 per i costi contabilizzati del sevizio rifiuti.
La legge dice inoltre che le pubbliche amministrazioni pubblicano la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici.
Non so se nel sito web istituzionale siano pubblicate carte di servizi relativi ad altri settori, ma per i rifiuti non c’è traccia di carta o di documento sugli standard qualitativi del servizio dei rifiuti.
Magari il perché della mancata pubblicazione è facilmente intuibile. Ma fa senso che il sindaco, in data 3 maggio, pubblichi un post sui social in cui dimostra che la percentuale di rifiuti differenziati sia aumentata dal 40% del 2020 al 45% del 2022, considerandolo “un passo avanti nella direzione giusta”.
Dopo due anni, Favara avanza di un risibile 5% nella raccolta differenziata e il primo cittadino lo considera un passo avanti nella direzione giusta?
Con questa tipologia di passi in avanti, soltanto nel 2030 si giungerebbe alla soglia minima del 65% per essere considerati con le carte sufficientemente in regola!
Se la raccolta differenziata non supera la soglia del 65% è come se non venisse fatta.
Per esempio, non si ha diritto alla premialità della regione Sicilia che, l’ultima volta, è stata concessa ad alcuni Comuni vicini: per es., Agrigento, Grotte e Racalmuto (tutti e tre serviti dalla stessa gestione e con il medesimo capitolato d’appalto vigente nel comune di Favara).
Sono comuni vicini, questi; non sono comuni dell’altro mondo.
Il comune di Agrigento ha ricevuto 77.500 euro; non saranno granché, ma -si dice- “abboné”.
E quello di Grotte, con riferimento agli obblighi di trasparenza, si è dotato, nel web-site comunale, di questa pagina sulla trasparenza della gestione dei rifiuti: https://www.trasparenzatari.it/trasparenzatari/?COMUNE=E209
Il che magari spiega anche perché il sindaco uscente di Grotte, sia stato riconfermato, nelle elezioni del 28 e 29 maggio scorsi, con il 73,50% dei voti. Ma fa morir di rabbia chi non possa accedere ad una pagina simile nel proprio comune.
Ma c’è dell’altro: col diminuire dei rifiuti indifferenziati diminuisce il costo dello smaltimento in discarica ad oggi molto esoso per i comuni; e con l’aumentare della raccolta differenziata aumentano gli introiti del Comune a fronte del conferimento di plastica, carta, cartone, metalli, etc…
Proprio così. Perché portare rifiuti indifferenziati nelle discariche autorizzate costa un occhio delle testa. Conferire materiale differenziato al CONAI, invece, consente al Comune di introitare i relativi corrispettivi finanziari che aumentano con l’aumentare della loro quantità.
Ecco, il punto: portare subito la raccolta differenziata oltre la soglia del 65%.
Come fare?
Osservando pedissequamente il capitolato d’appalto concernente il servizio.
Per esempio: l’art.22 del capitolato prevede delle penalità a carico dell’appaltatore per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, essendo l’appaltatore obbligato a conseguire tali obiettivi. Certo, l’Ente appaltante deve fare le quotidiane verifiche: a) sulla regolare esecuzione del servizio; b) sul rispetto del contratto di servizio; c) sul controllo del territorio e sulla repressione nei confronti degli utenti inadempienti. Edè logico che debba essere così.
Lo stesso art. 22 prevede che, con cadenza annuale, l’Ente appaltante effettui la verifica sia sul raggiungimento degli obiettivi relativi alla raccolta differenziata e ai minori conferimenti di rifiuti indifferenziati in discarica, sia sull’andamento della performance sui quantitativi di rifiuti urbani biodegradabili.
L’art. 22 prevede pure che, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, vengano applicate pesanti penali all’appaltatore, in base a criteri dettagliatamente esposti nel testo della norma medesima.
Bene. In base all’art. 22 del capitolato, se fossero state fatte (come sicuramente saranno state fatte), le legittime verifiche di capitolato, a quanto ammonterebbero le penali in capo all’appaltatore? Che risparmio di spesa a apporterebbero nella contabilizzazione del costo del servizio?
Si tratterebbe di cifre molto alte, ma non è manco il caso di provare a quantificarle.
Perché le verifiche e le penali non devono avere il mero scopo di penalizzare l’appaltatore, bensì quello sostanziale di far funzionare regolarmente il servizio, conseguendo così gli obiettivi della raccolta differenziata, quelli della conseguente riduzione dei rifiuti indifferenziati da smaltire in discarica, quelli della performance sui quantitativi di rifiuti urbani biodegradabili.
Che l’art. 22 del capitolato possa essere la chiave di volta?
Intanto, incombe la seduta consiliare per la determinazione della TARI 2023. Se anche in questa seduta si esce con un nulla di fatto, saranno applicate per l’anno in corso le stesse tariffe dell’anno precedente. Il termine ultimo per determinare tariffe, tasse, aliquote imposte, etc, è quello dell’approvazione del bilancio che quest’anno (salvo improvvise ulteriori proroghe dell’ultimo momento) è fissato al 31 maggio.
Inoltre, c’è un tavolo tecnico, insediatosi il 26 maggio ed odiernamente in piena attività, sulle problematiche TARI. In questo tavolo è riposta la speranza di concrete proposte di miglioramento del servizio e di effettiva riduzione (in luogo dell’aumento) della TARI.
“Finché c’è vita, c’è speranza” -recita il vecchio adagio. E “la speranza è ‘ultima a morire” – aggiunge un altro adagio.