La storia si ripete da anni e con cadenza trimestrale.
Il Comune paga quello che può alle ditte in considerazione del magro incasso della Tari ed è costretto a racimolare nei trasferimenti finanziari della Regione. Le ditte, a loro volta, anticipano e alla fine chiudono i rubinetti. Vittime designate gli operatori ecologici e i cittadini di Favara, i primi costretti periodicamente ad indebitarsi per sostenere le loro famiglie e i secondi, da anni condannati, a vivere nel degrado ambientale.
Alle strette tutti vanno dal Prefetto. Ci vanno i netturbini a chiedere il rispetto del diritto alla giusta retribuzione, ci va il sindaco per scongiurare lo sciopero, i sindacati in rappresentanza dei lavoratori e le ditte che gestiscono il servizio per trovare l’accordo migliore a superare il momento di crisi.
Dal Prefetto, purtroppo, non ci vanno i cittadini di Favara al quale potrebbero rappresentare che buona parte del capitolato d’appalto non è rispettato con la tolleranza dell’amministratore comunale. Per dirne una sulla libera interpretazione del capitolato, potrebbero dire al Rappresentante dello Stato che il mancato controllo sulla qualità del conferimento è causa di un notevole aggravio fiscale per i cittadini. Ovviamente solo per il 40 per cento della platea dei contribuenti, quella che paga la Tari. E potrebbero aggiungere che gli unici presidi di legalità sono le scuole e la Tenenza dei carabinieri. Potrebbero continuare con il mancato controllo del territorio e l’elenco è lungo.
Tornando all’attuale momento di crisi, l’amministrazione comunale per bocca dell’assessore Lillo Attardo sta cercando di pagare alle aziende, entro la prossima settimana, una fattura e a breve con la bollettazione della Tari effettuare altri pagamenti, mentre ad oggi i lavoratori vantano il ritardo di due mensilità arretrate e una parte della quattordicesima.
Si riuscirà ad evitare un “improvviso” sciopero dei netturbini? Molto dipenderà dalla mediazione del Prefetto, per i lavoratori l’unica ormai istituzione credibile.