Gaetano Scorsone
Quando si parla di problematica ambientale viene subito da pensare agli sversamenti industriali più o meno accidentali, ai gas serra, al selvaggio abbandono dei rifiuti urbani, all’uso smodato della plastica e, ahimè, a tante altre forme di inquinamento prodotte dalla cosiddetta società moderna.
Difficilmente potremmo sospettare che una delle più impattanti cause andrebbe ricercata in un contesto da noi ignorato perché ritenuto inesauribile e, in quanto tale, non degno di particolare attenzione.
Mi riferisco al suolo inteso nell’accezione pedo-ecologica che, oltre al significato di superficie, contempla anche quello di matrice in cui si combinano sostanza organica e minerale, permettendo la vita di piante e animali. Basta ricercare, però, dei dati relativi al suo consumo per accorgersi di quanto preoccupante sia l’emergenza, oggi, in Italia.
Il 2024 ha visto incrementare la perdita di suolo naturale di ulteriori 83,7 Kmq , per una media di circa 230.000 mq al giorno, pari a circa 3 mq al secondo, per 365 giorni all’anno.
Numeri da brivido nonostante gli interventi correttivi che timidamente hanno recuperato – tramite ripristino – 5,2 Kmq di territorio naturale e che hanno portato a 78,5 Kmq il consumo netto comunque il più alto in assoluto dal 2012 ad oggi.
Questi 83,7 Kmq di suolo sottratto ai cicli della Natura si sono trasformati in diversificate aree artificiali come infrastrutture, edifici, impianti, coperture varie.
E mentre in Europa questo fenomeno interessa il 4,4% del territorio, in Italia assume contorni ancora più gravi raggiungendo il 7,17 % (pari a 21.500 Kmq di superficie).
Di questa superficie occupata per svariati fini e/o attività 11,6 kmq sono passati, nell’ultimo anno, da un consumo reversibile a un consumo permanente, determinando così la conseguente impermeabilizzazione di una significativa parte del territorio.
Le regioni in cui questa negativa tendenza assume contorni a dir poco allarmanti risultano: Lombardia (12,22% della superficie), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%). Le maggiori perdite di suolo nel 2024 si registrano, invece, in Emilia-Romagna (1.013 ettari), Lombardia (834 ettari), Puglia (818 ettari), Sicilia (799 ettari) e Lazio (785 ettari).
La Valle d’Aosta si conferma la regione più virtuosa con il consumo inferiore, nonostante aggiunga più di 10 ettari alla sua superficie già consumata.
Tutto questo va ad alimentare uno stridente paradosso tutto italiano: mentre i dati demografici attestano un cronico calo della popolazione, cospicue parti di suolo vengono progressivamente consumate e convertite in superfici artificiali.
Quindi ostinatamente continuiamo ad espanderci sotto il profilo strutturale , cementificando ed occupando a più non posso il territorio, mentre ci contraiamo demograficamente. E a testimonianza di questa assurdità ecco rinnovarsi l’inarrestabile degrado di periferie sempre più abbandonate, lo squallido ingombro di strutture non più utilizzate, il pericoloso dissesto accentuato da interventi talora arbitrariamente realizzati.
Stando ai dati resi noti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con il suo ultimo dettagliatissimo rapporto – di cui si suggerisce la lettura – nel 2024 l’occupazione di suolo ha interessato persino aree a pericolosità idraulica elevata (4,58 Kmq) e media (13,03 Kmq), a rischio di frana molto elevato (0,50 Kmq), elevato (0,85 Kmq) e medio (1,85 Kmq), nonché a pericolosità sismica molto alta (4,14 Kmq) e alta (26,52 Kmq). Se a ciò aggiungiamo anche le crescenti esigenze imposte da un e-commerce sempre più dilagante – nel territorio sono infatti aumentati i capannoni per lo stoccaggio dei prodotti di multinazionali che, ordinati in rete, vengono fatti affluire in centri per lo smistamento e la consegna territoriale – , la incontenibile riorganizzazione delle filiere produttive, l’irrefrenabile domanda di magazzini sempre più grandi e periferici, ecco che la condizione di allerta rossa si è ormai, purtroppo, stabilizzata, anche se non da tutti presa nella giusta e drammatica considerazione.
Occorrono interventi correttivi urgentissimi, non solo a livello normativo ( locale, regionale, nazionale ed europeo) ma anche culturali per una maggiore sensibilizzazione al rispetto di una risorsa che rappresenta un preziosissimo dono che ci è stato consegnato con l’obbligo di tutelarlo, migliorarlo e armoniosamente viverlo, per poi trasmetterlo alle generazioni future.
Ricordiamoci, dunque, che il suolo giornalmente da noi calpestato fa parte di un più ampio sistema che se ben curato potrà aiutarci a condurre più intensamente e serenamente il percorso di vita terrena, se, invece, sarà da noi trascurato, profanato e deturpato ci scaricherà addosso le conseguenze di scellerate scelte sotto forma di calamità di cui, purtroppo, abbiamo già dolorosa cognizione.










