“Mi viene da ridere quando mi chiamano principe, io figlio di una casalinga, vissuto nell’umiltà”
Accoglie affettuosamente, come è suo solito fare, i giornalisti nella conferenza stampa, la prima da Cardinale.
Tante le domande, nelle sue risposte la semplicità di un Arcivescovo che gira in Vespa, mezzo che utilizzerà, lo ha precisato anche da Principe della Chiesa.
Celebrava messa a Ribera, ieri, quando Papa Francesco ha annunciato, in Piazza San Pietro, la sua creazione a Cardinale.
Alla fine della funzione, un fedele lo ha avvicinato dandogli la notizia, ma don Franco, in un primo momento, non ha creduto, ha pensato a un malinteso, un equivoco. Poi le conferme arrivate da diverse parti lo hanno fatto tremare.
Alla domanda perché la scelta è caduta su di lui. L’Arcivescovo di Agrigento ha risposto che con Papa Francesco è mutato il metodo di nomina non più nelle sedi cardinalizie, ma nelle periferie. Lampedusa è stata una delle prime mete di Francesco, ha visto il calore dell’accoglienza dei lampedusani e degli agrigentini, l’impegno della chiesa e dell’arcivescovo.
Don Franco, ieri si è sentito telefonicamente con il Papa. “L’ho ringraziato e mi ha chiesto di lavorare in umiltà e povertà, questo è il servizio che chiedo”.
Il primo pensiero del nuovo Cardinale è stato per la Chiesa agrigentina. “Ho pensato a voi”.
“Ringrazio la Chiesa agrigentina e messinese”. Ha ricordato anche la sua regola di vita “mai chiedere, mai rifiutare”.
La nomina a Cardinale non è condizione per lasciare Agrigento e, dunque, probabile che don Franco resti a guidare la chiesa agrigentina.
NOTA DI MONS. MELCHIORRE VUTERA VICARIO GENERALE A NOME DELLA CHIESA AGRIGENTINA
Domenica 4 gennaio, durante l’Angelus della seconda domenica dopo Natale, il Santo Padre Francesco ha annunciato che nel concistoro del prossimo 14 febbraio creerà cardinale, fra gli altri, il nostro Arcivescovo. Questo annuncio inatteso, che lo stesso don Franco ha appreso mentre svolgeva ordinariamente il suo ministero episcopale nella comunità di Ribera, ci riempie di indicibile commozione, sia per il significato dell’evento sia per la straordinarietà della circostanza. Da un lato, infatti, il Sacro Collegio Cardinalizio è una tra le massime espressioni della comunione gerarchica della Chiesa, in strettissima, ordinaria e diretta collaborazione con il Romano Pontefice; dall’altro, la nomina dell’Arcivescovo di Agrigento scardina i criteri tradizionali della scelta, legati per consuetudine ai dicasteri della Curia Romana o a sedi considerate storicamente cardinalizie. Il Collegio dei Cardinali esprime a pieno titolo la collegialità nella Chiesa, a motivo della sua specifica natura comunionale, nonché la sollecitudine per i suoi bisogni generali e specifici. Per questo motivo collabora direttamente con il Papa nel governo ordinario della Chiesa e, nel tempo della sede petrina vacante, ne assume temporaneamente la guida e provvede all’elezione del nuovo Successore di Pietro. In perfetta sintonia con il magistero di Papa Francesco, l’ingresso nel Sacro Collegio del nostro Arcivescovo è dovuta al suo essersi distinto per le opere di carità pastorale in una delle tante e significative periferie del mondo, che tanto a cuore stanno al Santo Padre. Egli stesso, durante il suo viaggio apostolico a Lampedusa, pellegrino in uno dei principali santuari mondiali a cielo e mare aperto, ha avuto modo di toccare con mano una delle piaghe più delicate della nostra terra, nella quale confluiscono le ferite di svariate parti del mondo: l’immigrazione clandestina e il dramma della speranza, spesso infranta e comunque instabile, di tanti uomini e donne che scappano dalla guerra e dalla povertà, di cui la solidarietà umana e la carità cristiana tentano di farsi carico con tutto ciò che questo comporta. Né bisogna dimenticare le svariate altre piaghe del nostro territorio, dalla forte incidenza della mafia, contro cui già si era levato il grido di San Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi, ai vari fenomeni di corruzione e illegalità, dalla diffusa mancanza di lavoro alle tante situazioni di precariato, dalle forme classiche a quelle più inedite della povertà. Appena un mese fa una nota indagine sulla qualità della vita in Italia ha collocato Agrigento all’ultimo posto. E anche per altre tristi notizie di cronaca e di ingiustizia il nostro territorio ultimamente è stato al centro dell’attenzione nazionale. In queste e in altre spesso nascoste situazioni di fragilità e marginalità la Chiesa Agrigentina non si discosta da altre periferie umane che diventano a pieno titolo terre di missione, edificate da buoni e santi cristiani e guidate da pastori coraggiosi e lungimiranti, capaci di testimoniare con la vita prima che con le parole la tenerezza di un Dio che si fa fratello, amico e compagno di viaggio. Questo, a speciale titolo, ha fatto fin dall’inizio del suo ministero episcopale ad Agrigento il nostro Arcivescovo, sia attraverso il suo illuminato magistero sia mediante la sua incisiva azione pastorale. I suoi interventi, dalle lettere pastorali alle omelie, dai messaggi ai discorsi, unitamente all’impegno fattivo di attenzione, premura e prossimità ne fanno il buon pastore che tutti abbiamo imparato a conoscere e apprezzare.Accogliendo con incontenibile gioia la scelta del Santo Padre, a nome della Chiesa Agrigentina in tutte le sue componenti, esprimo le più sincere felicitazioni a don Franco, unite alla gratitudine per il suo fecondo ministero tra noi e all’impegno di un sostegno spirituale e materiale ancora più deciso, in vista del delicato ministero che gli viene conferito.
Mons. Melchiorre Vutera
Vicario generale