Favara ha vissuto un intenso venerdì santo tra il grido al Cristo di don Calogero Lo Bello- parroco della chiesa BMV dell’Itria e presidente del Consiglio Pastorale Cittadino- e l’abbraccio della Madre dell’arciprete don Nino Gulli
Favara ha vissuto un venerdì santo immersa in momenti di forte impatto spirituale: la riflessione di don Calogero Lo Bello nel momento precedente la deposizione del Cristo dalla Croce e l’omelia dell’ arciprete don Nino Gulli al termine della processione in Piazza Cavour dove ha potuto poi, assistere alla tradizionale spartenza curata dalla Confraternita della Santa Croce del Calvario.
Due voci diverse, unite da un’unica lingua del cuore: il dialetto siciliano, filo rosso che ha intrecciato fede e identità popolare.
Nel momento più drammatico della Settimana Santa, dinanzi al Cristo in attesa di essere deposto dalla Croce, don Calogero Lo Bello ha elevato una preghiera intensa, ripetendo per ben sei volte l’invocazione a Cristo. Un richiamo profondo, quasi una litania accorata che ha attraversato le pieghe della sofferenza, della bellezza e della speranza. Solo alla fine, quando il dolore si fa attesa di risurrezione, il sacerdote si rivolge a Maria, madre di Dio affinché accompagni la città nel cammino della rinascita: “Oh Bedda Matri, tu ca fa vuntari terra, munnu e mari, donaci il coraggio di rimettere in luce la speranza e la fede che questa città custodisce nel cuore insieme a tanta bellezza e intelligenza.”
Quello di don Calogero è un messaggio che parte dalla Croce, attraversa il buio dell’umana fatica e si apre alla luce della speranza, là dove l’amore diventa l’unica strada per la felicità. Favara è chiamata a “intrare nel chiaro mondo”, come in un moderno cammino dantesco, per poter dire, infine, cor unum, “e quindi uscimmo a riveder le stelle”
Al termine della processione, in una Piazza Cavour gremita e commossa, don Nino Gulli ha posto al centro della sua omelia pronunciata dal balcone della biblioteca comunale, la figura della Madonna, guida spirituale della comunità. Con dolcezza e fermezza, ha invitato i fedeli a guardare a Maria come alla Madre che accoglie, consola e indica la via, specialmente nei momenti più bui.
È Lei, per don Nino, la custode silenziosa della speranza, la luce mite che accompagna il popolo nella riscoperta della fede
Il suo appello è chiaro: lasciarsi guidare dalla Madonna per ritrovare il senso pieno del Vangelo, per costruire una comunità più giusta, più unita, più vicina agli ultimi.
“Vogliamo essere come te Madre, pieni di speranza, conclude don Nino, Grazie alla tua fede lu venniri matinu agghiorna chiaro e grazie alla tua Speranza sfolgora il sole di Pasqua”
Le parole di entrambi i sacerdoti sono attraversate da un linguaggio che è molto più che parola: il siciliano. Non un semplice vezzo dialettale, ma l’espressione più autentica di un popolo che prega, piange, spera e ama nella lingua che meglio conosce. In quei versi vibrano le radici, le emozioni, la fede vissuta ogni giorno.
Al termine, la popolazione ha assistito alla tradizionale spartenza curata dalla Confraternita della Santa Croce del Calvario. Una spartenza che sebbene sembri carica di dolore e rassegnaziine è, invece, – ha sottolineato don Nino-pregna di Speranza, … la Speranza della risurrezione.
Favara, nel segno di Cristo Crocifisso e della Madonna, ha riscoperto la forza di camminare unita, tra lacrime e luce, verso la Pasqua della vita. Due voci, un solo cuore: quello della fede che resiste e rinasce.
Per il video si ringrazia Alessio Sorce
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