domenica, 16 Novembre 2025
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    Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua

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    Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco  
    In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 
    Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 
    Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 
    Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 
    E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 
    E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. 

    Don Marco Damanti

    In questa, 14  domenica del tempo ordinario, possiamo cogliere dalla Parola  di Dio, due termini importanti: vicinanza e rifiuto. La vicinanza di Dio e ahimè il rifiuto dell’ uomo.
    Nella vita ordinaria, Dio eterno si fa vicino all’uomo, gli dà dei “segni”.  Tutta la nostra vita, anche quella delle stesse cose ,(routine quotidiana) è segnata dalla presenza di Dio, che parte dalle piccole cose: l’esistenza, la famiglia, l’affetto e tante altre cose. Sta a ognuno cogliere questi segni, che spesso diamo per scontati.
    Gesù ritorna nella sua patria, dove è cresciuto e di sabato insegna. Tutti rimangono meravigliati da tale saggezza che usciva dalla sua bocca, ma rimasero solo in superfice, perché fanno della loro misera conoscenza di Gesù ,(suo padre non è il falegname, figlio di Maria, i suoi fratelli e sorelle non stanno qui da noi).
    Sono certi del loro conoscere che non sanno andare oltre a quello che Gesù è veramente, cioè Dio.
    E qui c’è il paradossale, Gesù non ha potuto compiere nessun miracolo, nella sua patria, invece altrove si. Gesù non può salvarci se noi non ci apriamo a Lui, diceva S. Agostino colui che ti ha fatto nascere senza te, non può salvarti senza di te.
    Noi siamo chiamati a dare la nostra adesione e disponibilità. Questa storia del Vangelo oggi più che mai si ripete, quante volte pensiamo di sapere già tutto su Gesù e sulla fede, basandoci su luoghi comuni, con delle nozioni di don marco 1catechismo fatto mediocremente, ma ahimè poi in fondo non Lo riconosciamo. L’inganno del diavolo è farci credere di credere, ma invece non crediamo, ma restiamo in superficie come i paesani di Gesù del vangelo di oggi.
    Credere è lasciarsi interpellare dalla Sua Parola, che si che affascina, ma deve entrare in profondità della nostra vita, deve essere un terremoto interiore che comporta un cambiamento, con avviene nella vita di Paolo (seconda lettura), ,,che afferma “mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché DIMORI IN ME LA POTENZA DI CRISTO”. Certamente tutti, oggi siamo chiamati a interrogarci sulla nostra fede, se crediamo in profondità quindi conversione, o, crediamo in modo superficiale, ossia niente mi tocca e mi cambia. Comunque, anche se Gesù con clima di grande incredulità e superficialità non poté fare segni e prodigi, guarì tuttavia pochi malati, questo è segno di grande speranza.
    Oggi tocca a te che leggi, che ti sei fermato e ti lasci interpellare: chiediti, fino a oggi la tua fede ha toccato la tua vita e per conseguenze le tue scelte, oppure sei rimasto sempre in superficie “tanto quello che basta”? Oggi tocca a te capire e soprattutto DECIDERE.
    Buona domenica.

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