Con il mio nuovo amico don Marco Damanti, parroco di frontiera, mi incontro spesso, ha riacceso in me, ormai al termine della mia attività di giornalista, la voglia di inseguire ancora attraverso l’informazione il miglioramento della qualità di vita della collettività.
“Il martedì in parrocchia c’è la fila per prendere capi di abbigliamento che altri hanno donato”. Non mi vuole e io, dal mio canto, non voglio stupirvi con la vecchia stancante storia della povertà, una vicenda fastidiosa che ci disturba l’esistenza. Noi lavoriamo, lavorassero pure loro e il problema è risolto. Poi, del resto, facciamo quello che possiamo dopo aver soddisfatto tutte le nostre esigenze e allora?
L’elemosina è la negazione del diritto. Diritto è ciò che mi spetta, non devo elemosinarlo.
“Conosco – mi dice don Marco – tutti i miei parrocchiani e i loro problemi. Devo conoscerli se chiedo aiuti per loro, viceversa è il paradosso. Chiedo abiti perché in molti non li possiedono, chiedo beni di prima necessità perché hanno difficoltà ad acquistarli, chiedo di aiutarli a pagare le bollette dei servizi perché hanno pochi soldi. La conoscenza dei problemi è imprescindibile, rischierei di chiedere abiti per chi mai li richiederà e, la stessa cosa, per il pane, lo zucchero e altro ancora”.
Semplice, prima la conoscenza del problema e solo dopo la ricerca della soluzione. Il governo della città conosce fino in fondo la povertà di Favara? Se la spazzatura costa più del pane, l’ovvia risposta è non la conosce. O per il quieto vivere fa finta di non conoscerla.
“E’ una catena nella quale ogni singolo anello è rilevante – continua don Marco – La sindaca fa la pesatura e mappatura della povertà, che vi assicuro non sarà identica a quella dell’Istat, i risultati del lavoro devono essere resi pubblici e inviati alle Istituzioni interessate, in testa la prefettura. Il Prefetto avrà l’obbligo di trasmettere i documenti al Ministero degli Interni e così via discorrendo. La dobbiamo smettere di dire che tutto va bene, quando siamo nel disastro totale. Tutti devono sapere che su cento che stanno bene altri duecento vivono di stenti. Per conoscere il fenomeno non si devono utilizzare i modelli e i pezzi di carta, perché la povertà è cambiata. L’attuale difficilmente si dimostra con le certificazioni. Bisogna andare a trovare chi vive nel disagio, prenderne conoscenza direttamente, solo allora si potrà tentare di trovare le soluzioni. Io ne parlo, ne parlo e ne parlo, ma in parrocchia arrivano tutti tranne i politici. Ho invitato Crocetta, il presidente della Regione, è arrivato a Favara, ma non si è incontrato con il sottoscritto e con i poveri. Farà le sue donazioni, da politico servono a poco se non si adopera per l’affermazione dei diritti, perché la povertà, nella stragrande maggioranza di casi, ne è la negazione”.
Se fossi un politico, un attimo dopo aver letto le parole del sacerdote, andrei a trovarlo per conoscere il problema e insieme cercarne la soluzione.